Una 'hard Brexit', senza alcun accordo tra Ue e Gran Bretagna, è:
''sempre più probabile''.
I negoziati tra Bruxelles e Londra si sono ''in realtà fermati'', senza che ci sia:
''alcuna prospettiva di fare progressi sostanziali in ottobre''.
E in Gran Bretagna
''la retorica del 'no deal' (nessun accordo, ndr) è riemersa prepotentemente'', mentre ''molti sostengono che tornare semplicemente
alle regole previste dalla Wto'' per gli scambi bilaterali ''è preferibile ad accettare i 'diktat' dell'Ue''.
E' questo, a pochi giorni dall'atteso discorso che la premier britannica Theresa May dovrebbe pronunciare a Firenze,
lo stato in cui versano i negoziati tra l'Ue e il Regno Unito, secondo Fabian Zuleeg, chief executive e capo economista
dell'EPC (European Policy Centre), think tank con sede a Bruxelles.
I motivi sono squisitamente politici, e non economici:
uno scenario senza accordo, osserva Zuleeg nel 'policy brief' ''Reversing over the cliff edge?'', ''sembra essere un'opzione attraente per
molti membri del Partito Conservatore'', dato che significherebbe ''rifiutare le condizioni capestro imposte dall'Ue, apparire forti
e realizzare una Brexit completa.
La colpa verrebbe data agli intransigenti europei''.
Tutto questo fa premio sulle conseguenze:
''L'assenza di un accordo - sottolinea Zuleeg - massimizzerebbe i danni economici per la Ue e avrebbe come risultato un collasso,
totale e caotico, delle relazioni economiche e politiche con la stessa UE."