Grande scandalo ha suscitato a Trieste l'iniziativa didattica (le scuole a volte lo fanno!) del Liceo Classico "Petrarca",
per ricordare gli 80 anni dalla promulgazione delle famigerate Leggi razziali in Italia, ad opera del regime fascista.
Sai quella roba strana tipo "Cultura"... preservazione della memoria storica...
che fa subito correre la mano alla pistola nel cinturone degli sceriffi nostrani, che scambiano il ruolo
di sindaco con quello di podestà?!?
Al sindaco della città, Carlo Dipiazza, uno che in campagna elettorale protendeva
il braccino gridando A Noi! (è goliardia) nei raduni di Forza Nuova, la locandina utilizzata
per l'esposizione non piace;
giacché deve per certo trattarsi della subdola provocazione di qualche sinistro radical-chic.
La reputa "eccessiva".
Evidentemente contiene messaggi "troppo forti" e violenti, per la sua sensibilità democratica.
Sì, in effetti, a ben vedere, l'immagine è di una violenza inaudita:
tre ragazze, presumibilmente ebree, e il titolo de "Il Piccolo" di Trieste che in prima pagina
annuncia enfaticamente la loro epurazione da tutte le scuole del Regno d'Italia:
provvedimento necessario, in difesa della pura razza italica.
Peraltro in copiosa compagnia...
Ogni volta che si ricorda loro di quali aberrazioni fu capace il ventennio mussoliniano, i fascisti si offendono.
Trovano la cosa "divisiva".
Non in sintonia con il processo di piena riabilitazione del nazifascismo, peraltro ampiamente sdoganato
nell'Italietta littoria del sovranismo nazionalpopulista:
erede diretta del prodotto originale, rielaborato al passo coi tempi in versione 2.0.
Pare che il sindaco, e ancor di più la sua giunta di diversamente fascisti raggrumati nel "centrodestra" italiano,
non abbiano gradito l'uso della dicitura "razzismo in cattedra".
La loro non è censura, bensì un atto responsabile per "evitare polemiche".
E non si capisce bene se il problema sia il razzismo in quanto tale, o il suo uso discriminatorio
in funzione anti-semita.
Oggi infatti il razzismo va di gran moda (e a manovrarlo bene porta pure un sacco di voti!)
anche se lo si preferisce chiamare "difesa dell'identità", che non è valorizzazione delle diversità
nelle loro peculiarità ma reazione "contro", nella continua costruzione di un Nemico (vero o presunto che sia),
contro il quale coagulare i (ri)sentimenti comuni di microidentità deboli per una coesione che non c'è in un tessuto
sociale frantumato.
E Dipiazza è uno che i negri li prende per il bavero.
Allora, caro (e)Lettore, capisci bene che certe mostre non s'hanno da fare,
con buona pace degli incauti studenti del Liceo Petrarca.