Se a noi non toccasse di rivivere la farsa declinata nella pantomima orwelliana e avviluppata in un chorizo fascio-peronista,
ci sarebbe di che sorridere dinanzi a questa commedia dell'assurdo;
se non fosse che alla fine dei giochi il conto (salatissimo) lo pagheremo noi tutti.
E intanto ci tocca assistere alla tragedia di uomini ridicoli che giocano alla riVoluzione, trattandosi
più che altro di cazzari 'social' in lotta continua contro il principio di realtà,
evidentemente incompatibile coi limiti della loro dimensione di twittatori professionisti dalle aspirazioni totalitarie,
tanta è la sete di potere da sbronza sovranista.
Ad essere melodrammatici, si potrebbe persino parlare di fascismo 2.0...
ma ci si rende subito conto che il termine sarebbe alquanto improprio, se rimesso alla coppia di didimi che
hanno costruito la propria fortuna promettendo la cuccagna nel Paese di Bengodi, ma che intanto sono costretti
a dividersi una poltrona per due al governo.
Da una parte, abbiamo l'aspirante duce barbuto che si esibisce con stellette
di latta e finte uniformi da travestito securitario.
Troppo poco per farne un caudillo.
Uno che non avendo fatto mai nulla nella vita, non perde occasione per ricordare di essere "un papà".
Evidentemente, fottere è l'unica cosa che gli è sempre riuscita bene.
E poi c'è l'altro, che sembra uscito da un presepe napoletano; rivestito a festa per l'occasione,
con l'abitino della prima comunione ed il sorriso scolpito di un nano da giardino, mentre agita
il ditino ammonitore e si riempie la bocca della parola "popolo" (qualunque cosa esso voglia dire)
ogni due congiuntivi coniugati a cazzo.
Grassoccio e sudaticcio l'uno, impomatato e segaligno l'altro.
Entrambi così impresentabili da aver bisogno di nascondersi dietro ad un pupazzo laccato,
coi capelli riverniciati in nero di seppia:
l'utile idiota, chiamato a garantire un'intesa fondata su promesse impossibili.
In realtà si tratta di uomini ordinari, poveri di studi e di cultura, privi di ogni competenza,
ma di una presunzione sconfinata che tracima nell'arroganza;
borghesi piccoli piccoli dal fanatismo dottrinario, unito ad una buona dose di fideismo messianico
che si alimenta di suggestioni e di paure (poco importa se fondate o meno), perché ha costantemente bisogno
di nemici per creare la coesione di cui manca, in un impasto di stereotipi e di grettezze provinciali, che superano
nel luogocomunismo l'assenza di ogni impianto ideologico o semplicemente ideale.
La mania del complotto ne misura la dimensione paranoica.
Manicheismo giacobino e avventurismo bonapartitista sono la stura delle loro fantasticherie.
Prima o poi, il giocattolo si romperà.
E non sarà per niente facile rimettere insieme i cocci.