da Bruxelles
È stato un percorso lungo e difficile quello che ha portato al voto finale sulla nuova legislazione europea
sul diritto d’autore.
La lunghezza della discussione non ha però portato ad una conclusione all’altezza delle aspettative minime
che era lecito attendersi.
La sfida era quella di aggiornare le norme del diritto d’autore, di renderle attuali
non solo rispetto allo sviluppo odierno del mercato digitale, ma soprattutto rispetto agli sviluppi
future, e di farlo cercando di raggiungere un equilibrio sensato tra gli interessi dei creatori
e la fruizione ampia dei contenuti della rete.
Questo equilibrio evidentemente non è stato raggiunto e le norme prodotte rischiano di essere non solo
dannose per la circolazione dei contenuti in rete, ma già obsolete e inadeguate alla protezione degli stessi creatori.
A differenza di altri deputati, che come me hanno votato contro la direttiva, io ho sempre condiviso
la necessità di riequilibrare lo strapotere delle piattaforme e arrivare a una redistribuzione di quegli introiti.
Tuttavia per essere efficace questo riequilibrio deve avere delle condizioni che evidentemente non sono state incontrate.
La prima è che questo riequilibrio non intralci l’effettiva circolazione dei contenuti, cosa che ritengo
essere l’interesse primario di un creatore come anche di un fruitore (non solo delle piattaforme).
Il modo con cui è stata definita la norma, basato su una sostanziale responsabilizzazione delle piattaforme,
rischia di non portare a una ridistribuzione dei guadagni, ma a una riduzione dei contenuti, perché
con grossa probabilità le piattaforme invece che chiudere dei contratti per usufruire dei diritti,
applicheranno dei filtri automatici per escludere tutto quello che (anche lontanamente)
si avvicini a un contenuto coperto da diritto d’autore.
La seconda condizione è quella che la redistribuzione dei proventi sia reale e che vada effettivamente ai creatori.
Tutto il dibattito si è (per certi versi giustamente) concentrato sugli articoli 11 e 13 (poi 17), ma nessuno
ha dato la giusta importanza al 14, quello cioè in cui si sarebbe dovuto definire l’obbligo ad un’“equa remunerazione”,
che nel primo testo del Parlamento Europeo era ben esplicitato mentre nel testo finale è risultato completamente diluito.
Ammettendo quindi che la responsabilizzazione delle piattaforme funzioni e che queste chiudano degli accordi per
la redistribuzione dei profitti, neanche in questo caso sarebbe garantita un’equa redistribuzione degli stessi.
È stato quindi un brutto passo indietro, fortemente condizionato da una discussione polarizzata,
troppo ideologica e poco concreta.
Una norma che ostacolerà non poco la circolazione di informazione e contenuti di qualità e che,
allo stesso tempo, non sarà in grado di garantire una giusta remunerazione per i lavoratori di questi importanti settori