Nel mese di Novembre dell'ormai lontano anno 2012, sui principali quotidiani siciliani, appariva questa notizia.. che riprendiamo integralmente..
"La squadra dei record.
Oggetto di invidie, contestazioni, denunce alla Corte dei Conti.
Perché assunti senza concorso in un’amministrazione pubblica.
Perché inquadrati con la qualifica di caporedattore dal primo minuto di gioco.
Perché molto numerosi:
quattro volte di più della squadra in servizio a Palazzo Chigi in epoca Berlusconi.
Adesso i ventun giornalisti assunti nell’Ufficio stampa della Regione siciliana sono precipitati
dall’empireo della professione alla polvere dell’annunciato licenziamento.
È stato il neo-governatore Rosario Crocetta - che pure ha detto di voler garantire le truppe di 26 mila forestali
e dei 22 mila precari degli enti locali - a decidere di avviare
la sua campagna anti-sprechi proprio da loro.
Arruolati in gran parte nell’epoca del munifico Cuffaro.
Il quale prima ampliò l’organico da quattro a otto e poi aprì le porte ad altri quindici giornalisti,
applicando a tutti il contratto da caporedattore e pure un’indennità pari a quella della Rai.
In tutto 23, diventati 21 dopo un pensionamento e il coraggioso addio di Giulio Ambrosetti,
che rinunciò al posto d’oro restando disoccupato per la semplice ragione che dentro il
palazzo non si divertiva per niente.
«Torno alla libertà», spiegò agli amici.
Rinuncia non da poco.
Perché la busta paga dei componenti dell’ufficio stampa
va da quattromila a seimila euro netti, con l’eccezione di Gregorio Arena -
in servizio nella sede di rappresentanza della Regione a Bruxelles -
accusato da Crocetta di percepire 12 mila euro.
In totale l’ufficio costa 3 milioni e 200 mila euro l’anno, «una cifra con cui si pagano duecento precari,
gente che guadagna 600 euro al mese e che non può comprare il latte ai figli»,
dice Crocetta. E pazienza se, accanto a professionisti stimati e di esperienza,
furono assunti principianti che in un giornale non erano mai entrati.
Uno, in particolare, sul cui nome ci fu una levata di scudi, diventò pubblicista (il primo gradino della carriera)
pochi giorni prima di firmare il contratto d’oro.
Tutti impegnati a redigere e diffondere comunicati sull’attività del presidente
e della giunta, a organizzare conferenze stampa, a realizzare un tg che va sul web.
Per l’assunzione nessuna selezione pubblica, solo un tam tam che fece arrivare alla Regione,
in pochi giorni, un centinaio di istanze.
«Secondo me con ventuno capiredattori si stampano Repubblica e Corriere della Sera insieme,
questo è diventato un posto fisso senza concorso - taglia corto Crocetta -
Adesso si avvia una selezione, perché uno non può fare il portavoce di una voce che non gli è vicina.
Se fanno vertenza? Che la facciano».
Questione di lana caprina, perché da un canto i giornalisti hanno in mano un contratto a tempo
indeterminato, dall’altro il presidente ha una sentenza della Corte dei Conti secondo
cui «il rapporto di collaborazione professionale è caratterizzato da assoluta precarietà
nel senso che in qualsiasi momento può essere oggetto di risoluzione»
perché di natura fiduciaria.
Fu proprio la Corte dei Conti, pochi mesi fa, a salvare in appello Cuffaro, il suo successore Lombardo
e l’ex capo dell’ufficio legale dalla condanna in primo grado da circa 6 milioni di euro per danno all’erario.
Una vittoria incassata dall’ufficio stampa come il timbro sulla legittimità della loro assunzione.
Adesso la doccia fredda.
Loro hanno proclamato lo stato di agitazione
(«Qualsiasi decisione non può essere assunta se non attraverso il rispetto delle norme previste dal contratto di lavoro dei giornalisti
e dallo Statuto dei lavoratori»,
ha detto il Comitato di redazione, sostenuto da sindacato nazionale e regionale),
mentre l’Ordine è sceso in campo a difesa delle regole.
«Non parla, Crocetta, di concorsi e selezioni trasparenti, ma di
curricula che gli si dovranno presentare e che egli stesso intende verificare»,
dice il presidente dell’Ordine siciliano, Riccardo Arena.
Crocetta rilancia: «Da sindaco di Gela ho licenziato la moglie di un capomafia, figurarsi se mi faccio intimidire dalla casta dei giornalisti»."
21 Dicembre 2015:
Lo prevede una norma della finanziaria approvata ieri sera.
“Ai cronisti sarà applicato il contratto nazionale di lavoro della categoria e non quello dei regionali,
come era stato indicato nella prima scrittura”, spiega il governatore Rosario Crocetta.
I contratti saranno a tempo determinato e legati al mandato del governatore, che ha voluto
le modifiche al testo originario presentato assieme al resto delle norme dall’assessore regionale all’Economia, Alessandro Baccei.
E’ prevista la figura di un capo redattore, gli altri sei saranno inquadrati come redattori.
Al momento del suo insediamento, a fine 2012, il presidente Crocetta aveva azzerato
l’ufficio stampa della Regione siciliana licenziando i 21 caporedattori assunti con contratto a tempo indeterminato.
La Regione Sicilia ha deciso di assumere, mediante concorso, sette addetti all'ufficio stampa.
Il testo è stato riscritto e modificato rispetto a quello iniziale:
saranno selezionati gli iscritti all’Ordine dei giornalisti, sia nell’elenco dei professionisti sia in quello dei pubblicisti,
eliminato il requisito della laurea, non previsto nel vecchio ordinamento per l’accesso alla professione prima della riforma .
Nel relativo capitolo di spesa sono stati stanziati circa 500 mila euro.
Insomma: indire un concorso é certamente corretto, ma dare la possibilità a chi dovrebbe essere licenziato, di svolgere l'attività - alternativa - di "addetto stampa", non
sarebbe meglio ?
Che poi l'attività di "addetto stampa regionale" resterà pure in essere presso l'ufficio della Regione Siciliana a Bruxell ?
Perché la Regione Siciliana, nonostante l'ufficio a Bruxell dotato pure di addetto stampa, riesce sempre pure a non spendere i fondi europei disponibili..
diversi milioni di euro solo l'anno scorso resi , perché non spesi..
Per insipienza politica, programmazione lenta, mancanza di tecnici mista ad errori burocratici, e ben 22 milioni di euro
di fondi comunitari, su 55 milioni, destinati a musei e siti archeologici siciliani, prendono la via di ritorno verso Bruxelles.
E ciò nonostante l’assistenza tecnica di Invitalia, agenzia nazionale (partecipata per il 100% dal Ministero dell’Economia)
per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa (rea secondo alcuni dirigenti regionali, di aver approntato,
a sua volta, progetti scadenti) e malgrado il nuovo modello organizzativo,
predisposto dall’allora ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca.
Che, tagliando organismi intermedi, ha assegnato al Mibact il ruolo di amministrazione proponente
ed Autorità di gestione dei fondi Poin (Programma operativo interregionale)-Attrattori culturali naturali e turismo,
destinati al miglioramento delle condizioni di offerta e fruizione del patrimonio.
Soldi che erano rimasti già bloccati, infatti, dal 2008 a causa di lentezze burocratiche e procedurali.
Insieme al Poin, inoltre,
era stato finanziato anche il Pac (Piano azione coesione)-Valorizzazione delle aree di attrazione culturale, che prevede progetti
in coerenza con gli ambiti d’intervento del programma operativo.
Si volatilizzano così i progetti per «la riqualificazione di parchi d’immenso valore come quello della Neapolis di Siracusa, oppure
per ammodernare e valorizzare aree archeologiche, da Ispica a Ragusa»,
ha dichiarato Mariarita Sgarlata, assessore regionale ai Beni culturali all’epoca
dell’accordo operativo siglato, nel marzo 2014, tra il Mibact e l’Assessorato.
Risorse per le quali era stata disegnata una geografia della programmazione che aveva riunito musei,
siti archeologici e monumentali in «poli museali» in realtà solo virtuali, quelli di Palermo,
Trapani, Siracusa e Ragusa, oltre al Parco archeologico della Valle dei Templi,
perché infatti, per fare il solo esempio di Siracusa, la Galleria di Palazzo Bellomo,
il Museo Orsi, l’Anfiteatro, Castello Maniace e la Neapolis sono enti a sé stanti, che non fanno affatto rete.
Le ragioni del fallimento sono plurime.
Primo: lentezza esasperante nella programmazione.
La rendicontazione della spesa nel 2013 era molto bassa perché i cantieri non
erano nemmeno partiti, sebbene l’agenda europea dettasse la chiusura entro il 2015.
E le responsabilità non sono solo di ordine tecnico-amministrativo.
La discontinuità politica, con vertiginoso
ricambio di assessori, ha determinato continue interruzioni e riprese della pianificazione.
Secondo:
mancanza di coordinamento tra Assessorati (Infrastrutture, Beni culturali e Turismo), per cui si restaura un monumento e
poi lo si abbandona al proprio destino, non creando una rete di infrastrutture, a partire dalla sua accessibilità,
o costruendogli intorno una campagna pubblicitaria di richiamo per i turisti.
Terzo:
le rotazioni dei dirigenti regionali, con cadenza biennale,
hanno determinato una vera e propria diaspora dei Rup, Responsabili unici del procedimento,
che si sommano alla oggettiva carenza di personale tecnico in grado di sviluppare progetti esecutivi,
cantierabili (ingegneri strutturisti, impiantisti, esperti di sistemi di sorveglianza, ecc.).
Negli uffici, poi, non ci sono connessioni internet veloci, programmi di calcolo aggiornati,
per non dire delle linee telefoniche tagliate o la mancanza di toner, carta…
Ma è lo stesso concept progettuale spesso inadeguato.
Può essere intesa come valorizzazione il rifacimento dei tetti
del Museo Pepoli di Trapani?
Oppure l’impianto di climatizzazione, pur necessario, per la Galleria Regionale di Palazzo Abatellis?
Mentre nel cassetto rimane il sogno del Grande Abatellis, per cui era stata proposta l’espropriazione dell’attiguo ex
convento della Pietà (a cui apparteneva anche l’ala nuova del Settecento recentemente restaurata con i fondi Por 2000-2006) per ampliare il museo.
I risultati poco contano, evidentemente, e l’Europa «premia», comunque, la Sicilia.
La Commissione europea ha adottato, infatti, lo scorso 18 agosto i programmi operativi 2014-2020 della Regione
(insieme a quelli di Basilicata e Veneto nell’ambito del Programma Horizon 2020), che beneficerà
di 4,55 miliardi complessivi di cui 3,41 miliardi del Fesr.
Oltre diecimila le Pmi (Piccole e medie imprese) che godranno di un sostegno che permetta
loro di crescere sui mercati nazionali e internazionali.
Si punta a rafforzare ricerca e innovazione, a dare un forte impulso allo sviluppo della banda larga:
l’intera popolazione verrà coperta da connessione a 30 Mbps e il 50% da connessione a 100 Mbps.
Un’importante percentuale dei fondi servirà a migliorare l’ambiente e a promuovere l’efficienza energetica.
Ai fondi di Horizon bisogna, poi, aggiungere quelli di cui la Sicilia beneficia insieme a
quattro altre regioni del Sud Italia (Basilicata, Calabria, Campania e Puglia) per un totale di 490,9 milioni di euro,
grazie al programma operativo «Cultura e Sviluppo» 2014-2020,
cofinanziato dai fondi europei (Fesr) per 368,2 milioni, pari al 75%, e per il restante da quelli nazionali.
Obiettivo:
la valorizzazione del territorio attraverso interventi di conservazione del patrimonio culturale,
di potenziamento del sistema dei servizi turistici e di sostegno alla filiera imprenditoriale collegata al settore.
Anche in questo caso la gestione fa capo al Ministero.
Ma, d'altra parte, la follia della gestione della Regione Sicilia é ben nota..
“Non sappiamo che cosa faccia più impressione: se il numero dei dirigenti del dipartimento
Beni culturali della Regione siciliana pagati oggi per far niente, pari a 31,
oppure il fatto che un plotone così nutrito di sfortunati manager senza incarico
non rappresenti che l’11% del totale dei dirigenti di quel dipartimento.
I quali sono, uno più uno meno, 280.
Dal che si deduce che un solo dipartimento della Regione siciliana ha più dirigenti di quelli dell’intera Regione Lombardia (225)
e della Regione Marche (58) sommati insieme.
Ma questo rapporto dà anche la dimensione della follia che ha caratterizzato per decenni
la spesa pubblica in Sicilia.
E con cui i contribuenti non soltanto isolani devono fare i conti.
Antonio Fraschilla ha raccontato su Repubblica che il giro di vite agli uffici regionali
ha avuto come conseguenza il fatto di privare della funzione ben 76 dirigenti in tutti
i dipartimenti, quanti sono tutti quelli della Regione Umbria.
Privati della funzione significa destinati a incarichi di studi e ricerche ma non,
beninteso, privati dello stipendio.
Che continua a correre indisturbato.
Il bello è, ricorda Fraschilla, che mentre il dipartimento dei Beni culturali non ha
il becco di un quattrino per mandare avanti i musei siciliani,
non può fare a meno di retribuire i dirigenti senza incarico.
Per una semplice quanto oggi anacronistica regola, e cioè che a differenza di quelli privati
i dirigenti pubblici non si licenziano mai.
Del resto, 76 manager costretti a girarsi i pollici sono appena il 4,2% dei 1.818 dirigenti della Regione siciliana
censiti a fine 2013 (numero peraltro non troppo distante da quello dei 2.152 dirigenti di tutte le 15 Regioni italiane a statuto ordinario).
E fra i quali, come segnalò il sito Internet LiveSicilia, ce n’erano pure alcuni che avevano un incarico specialissimo:
dirigevano se stessi.
Come l’unico dipendente del Parco archeologico di Pantelleria, il suo collega del Parco archeologico di Morgantina,
e il responsabile di una periferica ‘Sezione operativa di assistenza tecnica’ dell’assessorato all’Agricoltura”.