ref:topbtw-1850.html/ 11 Dicembre 2019/A
Berlino -
Nubi di tempesta finanziaria si stanno addensando sulle banche tedesche.
Per le banche della Germania, il consolidamento - ovvero una forte ricapitalizzazione - è "inevitabile" perché si trovano
"ancora in cattive condizioni, che rimarranno tali se non si procederà a tagli severi ed a fusioni in Europa".
Una "accelerazione nel consolidamento" del settore del credito tedesco è, dunque, "necessaria se si intendono risolvere
i problemi".
E' quanto scrive in prima pagina il quotidiano "Handelsblatt", che ricorda come proprio oggi Deutsche Bank terrà nella sua
sede principale di Francoforte sul Meno la Giornata degli investitori.
In tale occasione, l'amministratore delegato Christian Sewing dovra' convincere gli azionisti del maggiore istituto
di credito tedesco che il piano di ristrutturazione "sta realmente funzionando".
Un compito "tutt'altro che facile", se si considera che, dall'avvio dell'operazione nella scorsa estate,
"il contesto è nettamente peggiorato".
La Banca centrale europea (Bce) continua, infatti, a praticare bassi tassi di interesse, mentre le prospettive
dell'Eurozona appaiono sempre piu' scoraggianti.
"I presagi sono cattivi, non soltanto per Deutsche Bank, ma per tutte le banche tedesche", evidenzia "Handelsblatt".
Lo dimostra la decisione dell'agenzia di rating statunitense Moody's, che ha recentemente declassato le prospettive
per le banche tedesche da "stabili" a "negative".
Secondo Moody's, infatti, la già scarsa redditività degli istituti finanziari della Germania "continuerà
a deteriorarsi a fronte di condizioni avverse".
Scrive al riguardo Milano Finanza:
"Deutsche Bank ha chiuso il terzo trimestre dell'anno con un rosso per 882 milioni di euro contro attese
per 832 milioni da parte di Goldman Sachs.
La voce delle perdite attribuibili agli azionisti si sono attestate invece a 942 milioni di euro,
130 milioni di utile nel 2018.
Oggi la banca capitalizza 13,68 miliardi di euro ed ha visto il titolo oscillare per tutto l'anno in maniera
piuttosto volatile.
A marzo il gruppo era sopra 8 euro per azione, un livello che non ha poi più raggiunto".
Oggi, il valore di un'azione Deutsche Bank oscilla tra 6,5 e 6,4 euro.
Qualcosa come il 95% meno del valore del titolo che alcuni anni fa valeva 100 euro.
E non basta.
"Oggi c'è il problema della Deutsche Bank, che ha derivati in pancia per l'equivalente di molte volte il Pil
della Germania e con la Brexit rischia di vedere un detonatore".
Lo ha indicato la presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni, a Bruxelles per una manifestazione davanti
alla sede del Consiglio contro la riforma del Meccanismo europeo di stabilità.
Meloni ha aggiunto:
'Siccome la Deutsche Bank dal 2016 propone che un fondo di 150 mld per aiutare le banche europee,
e potrebbe essere in difficoltà
in vista della Brexit, e' possibile legare le due cose, in questa foga di riformare
il Fondo salva-Stati, che diventa sempre più
un fondo salvabanche?
Non mi sembra una tesi cosi' surreale".
E infatti, non lo è.
Un per molti versi "sorprendente" articolo del Sole 24 Ore pubblicato il 12 luglio 2019,
quindi molto prima delle attuali polemiche sul Mes, svela uno scenario molto pericoloso sulle principali
banche tedesche.
E di sicuro non si potrà sostenere che il Sole 24 Ore sia diventato improvvisamente sovranista...
Buona lettura.
Ecco l'articolo integrale a firma Gianpaolo Rossini, Docente ordinario di Politica Economica all'Università di Bologna.
"Anche per il nome a volte scambiato per quello di una banca centrale, Deutsche Bank (Db), prima banca
tedesca, è lo specchio di errori della politica economica tedesca di questi due decenni del nuovo secolo.
Errori sottovalutati dalle autorità di Eurolandia spesso influenzate da Berlino.
I ricorrenti bilanci in forte perdita di Deutsche Bank dal 2014 sono segnali che fanno riflettere.
Ma quali le ragioni dei conti in rosso di Db dopo la crisi fotocopia della Commerzbank, seconda banca tedesca?
I punti dolenti sono due.
Attività di trading-investimento in titoli esteri e tassi d’interesse negativi che dai Bund, titoli del debito
pubblico teutonico, si scaricano su tutta l’economia.
I grandi investimenti in titoli e derivati della Db scaturiscono dalla grande disponibilità di risparmio che
non riesce a trovare impieghi in Germania la quale, per questo, soffre da quasi due decenni di un enorme surplus
del conto corrente della bilancia dei pagamenti con l’estero.
Uno squilibrio cronico, di cui i governi tedeschi si sono fatti vanto in passato in maniera maldestra,
che ammorba i rapporti economici globali, in particolare con gli Usa.
In più, impone al sistema bancario tedesco di investire sovrabbondante capitale all’estero anche in forme rischiose.
Si aggiunga poi che il management delle banche tedesche non ha dimostrato negli ultimi anni una capacità di muoversi
sui mercati finanziari internazionali all’altezza delle risorse gestite,
commettendo costosissimi errori.
Deutsche Bank perde in un solo colpo oltre un miliardo di euro in una operazione su bond americani in cui
è coinvolto Warren Buffett.
Ma da cosa è causato l’eccesso di risparmio tedesco che danneggia le banche ed è alla base degli squilibri commerciali?
Semplice:
la politica fiscale, ossessionata dallo Schwarze null (letteralmente «zero nero», è il deficit pubblico zero)
che porta la Germania nel 2018 ad avere un surplus di bilancio pubblico pari all’1,5% del Pil e un surplus
con l’estero vicino all’8 per cento.
La rigida politica fiscale frutto di una impostazione legalista (basta vedere quanto è preponderante la presenza
di giuristi nelle stanze del bottoni del potere economico pubblico tedesco) aggiunge al già eccessivo risparmio
privato quello pubblico, esasperando gli squilibri finanziari.
Questa politica errata comincia a presentare i conti.
Commerz e Db ne sono le prime vittime.
Ma la reazione Usa sui dazi vedrà come seconda vittima l’intera Ue che sopporterà il costo sul piano commerciale,
Italia in primis, dell’esagerato squilibrio tedesco.
Per fare un confronto la Cina ha un surplus con l’estero tra l’1,5% e il 2% del Pil.
Una seconda, ma non secondaria, ragione dell’ammaloramento dei conti delle grandi banche tedesche sono i bassi
tassi d’interesse scesi a livelli mai visti.
Durante la grande depressione degli anni 30 del secolo scorso, i tassi sui titoli pubblici non erano mai andati
in zona negativa (neppure quelli a 3 mesi e quelli a 20 anni vicini al 2%).
Oggi, in Germania sono negativi i tassi su tutti i titoli con maturità fino a dieci anni.
Un sano mercato di eurobond eviterebbe tutto questo.
Purtroppo però Berlino non accetta di dar vita agli eurobond perché ritiene - a torto - che questi caricherebbero
sui tedeschi i costi di politiche fiscali non abbastanza severe di Italia e di altri Paesi.
Certo gli eurobond farebbero aumentare i tassi tedeschi e diminuire quelli sui titoli italiani e degli altri
periferici affetti dagli spread.
Ma questo non implica alcun esborso dei cittadini tedeschi a favore dell’Italia.
Aumenterebbero solo gli interessi che le banche tedesche (e i consumatori tedeschi) percepirebbero sugli
eurobond emessi da Berlino.
E questo sarebbe ossigeno per le banche (e le assicurazioni) tedesche che eviterebbero eccessivi rischi.
Vengono al pettine i nodi di politiche sbagliate per cui i contribuenti teutonici pagheranno per salvare
le loro banche e gli europei sopporteranno i dazi Usa, figli dell’esagerato surplus tedesco".
Allora, è così complottista sostenere che il Mes serve per salvare le banche tedesche?
( Redazione)