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( Gen. Diaz. Nov.1918 - Bollettino della Vittoria ) Per togliere l'audio premere il tasto con il quadratino.

Il Racconto della Domenica - 24 Gennaio 2016 -
"Il RISOLUTORE"

Cap. 4 " Alla ricerca della Verità "

Quasi sempre i contratti proposti al Risolutore, che accettava in maniera direttamente proporzionale al compenso, erano di natura operativa e prevedevano in genere azioni cruente.

Naturalmente esistevano le eccezioni, come quella che vi narreremo.

Un giorno, nel corso di un burrascoso consiglio dei ministri dello Stato Italiano il ministro dell'istruzione pubblica, con l'appoggio dei ministri della cultura e delle pari opportunità, la titolare di quest'ultimo dicastero, in effetti, non c'entrava proprio per niente, presentò un disegno di legge volto alla reinterpretazione dei testi dei libri di storia studiati nelle classi medie e superiori e praticamente immutati nell'ultimo secolo.

Tutti i ministri naturalmente avevano in giovane età studiato su quei testi e si rendevano quindi perfettamente conto delle cazzate abissali contenute nei medesimi e passate come verità inoppugnabili.

Si approvò il DDL e fu incaricato il ministro dell'istruzione a provvedere.

Il ministro, al quale stava a cuore passare alla storia come colui che l'aveva, appunto, riscritta, si attivò immediatamente e costituì un comitato bipartisan di studi con l'incarico di rivisitare radicalmente i testi incriminati.

Ma una cosa del genere è facile a dirsi ma non a farsi, dopo sei mesi il comitato non aveva cavato un ragno dal buco, i testi in esame, tranne piccoli ritocchi, erano rimasti come prima, più o meno.

Ci si rese conto che una sola persona al mondo era in grado di risolvere l'importante problema :
Il Risolutore.

Il problema del problema era come convincerlo.

In fondo era solo una questione economica, la copertura finanziaria sarebbe stata rinvenuta, ormai il popolo italiano era talmente abituato a pagare tasse transitorie, che poi restavano a vita e per i motivi più strani, che una più o meno non avrebbe cambiato le cose.
Si procedette.

Furono scelti due nuovi emissari tra i funzionari di prima nomina del Ministero degli Interni, tutti gli altri, consapevoli di cosa li avrebbe atteso, declinarono gentilmente l'incarico, ancorchè di fiducia, che gli si voleva affidare.

Gli emissari governativi arrivarono al castello, batterono alla porta per farsi aprire e i battenti andarono in frantumi e fu ripetuta la solita scena – una parte della loro futura liquidazione era andata in fumo – il maggiordomo col frac li introdusse nello studio privato del Risolutore :
una enorme biblioteca in quercia di oltre cento metri quadrati stracolma di libri sino al soffitto, un lampadario swaroski di 500 luci al centro del soffitto, spento, due finestre a sesto acuto lasciavano filtrare un raggio di sole – il Risolutore amava la penombra – fu loro servito e naturalmente addebitato ad un costo che avrebbe fatto impallidire il barman delle Luci della Montagna a Porto Cervo, un tè freddo in lattine.

Nel sottofondo un suono ovattato di violini tzigani – gli Intillimani avevano stancato il Risolutore – che in genere provocava a tutti l'orticaria ed era bandito in tutti i centri d'ascolto del mondo.

Il Risolutore fece il suo ingresso nello studio, pantaloni neri con le bande e la fida giacca di velluto rosso con i gradi di ammiraglio, si sedette comodamente e si apprestò ad ascoltare la richiesta.

Per motivi insondabili il Risolutore, che generalmente contrattava il suo compenso violentemente prima di accettare l'incarico, questa volta non discusse minimamente i termini dell'accordo, evidentemente il progetto lo interessava al di la di quanto avrebbe guadagnato.

Che comunque era pur sempre una cifra astronomica.

Il Risolutore si ricordò di una storia che aveva avuto l’opportunità di conoscere qualche tempo prima.
Gli era stata trasmessa, riservatamente, dalla sezione I.S. (Indagini Storiche) dei servizi segreti e riguardava una vicenda, realmente accaduta, tra due componenti un avamposto Italiano in Afghanistan.

E’ il caso di trascriverla integralmente:
Rilevai Ferretti alle 12.00 zulu.
Non era proprio il mio turno, ma il sergente in comando decise che dovevo andare io.

Muto e ancora mezzo addormentato, lo seguii fino al cancello che chiudeva la Zona A e salii per il sentiero che portava alla postazione 12, dove Ferretti certamente dormiva.
Invece no, non dormiva.

"Alt! chi va là!" urlò nel silenzio della notte e io, col fiato troncato dai gradini di pietra troppo alti, sorrisi, senza rispondergli.

"Alt! chi va là!" urlò di nuovo, più cattivo, e allora io mi fermai, ansante e un po' preoccupato.
"Ohè, non fare cazzate!" dissi forte, agitando un braccio, "sono io... guarda che salgo..."

Mi arrampicai sugli ultimi gradini e arrivai allo spiazzo terroso e spelacchiato dove era posizionato il bunker.
Ferretti stava uscendo in fretta .
Era pallido, e aveva gli occhi spalancati e allucinati.
"Ti sei svegliato male?" gli dissi, "se lo sapevo ti lasciavo dormire..."

Non mi sono svegliato rispose, e non potevi lasciarmi dormire perchè non dormo da tre giorni.

Il suo aspetto era spaventoso, mi chiesi cosa stava accadendo.
Mi si avvicinò con aria furtiva guardandosi intorno, precauzione inutile perchè non c'era anima viva, appoggiò il fucile sulla scaletta e mi prese sottobraccio avvicinandosi al mio orecchio destro:
non farne parola con nessuno ma qui abbiamo un nemico mortale sussurrò.

Che diventa sempre più pericoloso man mano che passa il tempo.

Rimasi sconcertato, malgrado sapessi che non c'era nessuno guardai intorno anch'io.
Era possibile che i talebani avessero infiltrato un commando o qualche kamikaze sfuggendo al controllo radar ?

Ferretti era sconvolto, per cui gli intimai di stare fermo li senza fiatare, imbracciai il mitragliatore, mi dipinsi il viso con i colori verde e marrone a strisce, misi un cespuglio sull'elmetto, fortunatamente avevo già la tuta mimetica, mi distesi a terra e con l'andatura di un rettile, di un rettile pericoloso, cominciai la ricognizione attorno alla Zona A, per un raggio prudenziale di 6 chilometri.

Era già l'alba quando ritornai, Ferretti era nella medesima posizione nella quale lo avevo lasciato.
Ero distrutto dalla fatica, ero caduto dentro uno stagno melmoso non segnalato dalle carte e avevo perso il visore notturno.
Potevo dire addio a due mesi di paga.
Ma più di tutto ero incazzato nero.

Ferretti, dissi con calma forzata, qui non c'è nessuno.
Cosa diavolo sarebbe questa minaccia ?
Chi è questo nemico mortale ?

Guardava la luna e le dune lontane come trasognato, poi riemerse in lui una scintilla di vita :
c'è un nemico mortale, io l'ho visto.

Anzi l'ho sentito.
Stavo per esplodere, con l'ultimo briciolo di tranquillità lo scossi dolcemente :
Ferretti, amico mio, come hai fatto a sentirlo senza vederlo ?
Poi qui non si vede nessuno da mesi.
Appunto, rispose guardandomi di traverso, appunto.

Stavo per perdere completamente le staffe, per un momento pensai pure di strangolarlo.
Poi mi vidi davanti alla Corte Marziale e rientrai in me.

Ferretti, dissi con un ghigno che doveva sembrare un sorriso di complicità, come “appunto” ?
C'è un nemico mortale proprio qui.
Non si vede ma si sente.
Almeno io l'ho sentito.

Cominciai a preoccuparmi.
E se avesse avuto ragione ?
Ripresi la calma e la freddezza di sempre, doveva esserci qualcuno, perfettamente mimetizzato nei paraggi pronto a farsi esplodere e provocare una strage.
Tirai l'otturatore dell'Uzi D93 e rimisi il colpo in canna.

Approntai, a portata di mano, due caricatori bifilari e tolsi la sicura alle bombe a mano.

Ero sicuro che presto avrebbe fatto caldo.
Dopo mesi di totale inattività.
Ferretti, dissi con tutta la calma possibile, puoi stare tranquillo, qui intorno c'è un'intera brigata e sto per dare l'allarme generale.
Cerca di ricordare, dove potrebbe nascondersi secondo te il nemico ?
Da che parte l'hai sentito e che tipo di rumore faceva ?

Non fa nessun rumore è nell'aria.

Solo la visione rinnovata della Corte Marziale mi impedì di scaricargli addosso tutto il caricatore del mitra.
Ormai ero fuori di me, gettai a terra il mitra e le bombe a mano che per fortuna non esplosero.
Ferretti, dissi con la bava alla bocca, chi cazzo è questo nemico mortale ?
La noia, rispose tranquillamente.

Ci misi qualche minuto per riprendermi, devo ancora ringraziare il mio capo corso che non mancò mai di rammentarci l'inflessibilità degli accusatori della C.M. nel caso di infrazioni gravi, che mi impedì di assassinarlo.

Riprese improvvisamente vita e cominciò a parlare come un fiume in piena.

Sono qui, da solo, da tre mesi.
Con gli occhi fissi sul deserto che di sera, con la luna è ancora peggio.
Ho visto solo due dromedari, una cammella e nient'altro.
Questa è un'altra balla di questa stupida guerra inutile, incomprensibile e che riesce pure a fare delle vittime.
Che certamente prima di morire hanno un sacco di cose da chiedersi.

Allora ho ripensato alla nostra storia, alla storia dell'Italia, a tutte le cose che ci hanno propinato a scuola.
“Vuoi che ti racconti la verità ?”

Non esisteva quindi nessun pericolo incombente, ripresi la mia calma abituale e riposi tutto l'armamentario.

“Parla, dissi, sono tutto orecchie.”

Prese un'aria assorta, si concentrò un momento e cominciò la sua storia, anzi la storia per come la vedeva lui.

Dobbiamo cominciare da una data, disse, e questa data non può che essere il 1857, quella dell'unità d'Italia.
Quindi cominciamo dai carbonari.
Cosa facessero in realtà i carbonari, a parte riunirsi in luoghi segreti per mangiare gli spaghetti con la pancetta, non si conosce.

“Scusi, lei chi è?”
“Un carbonaro.”
“E cosa fa?”
“Cospiro”
“Contro chi?”
“Ora lo vengo a dire a lei.
Cospiro e basta”

Naturalmente ai carbonari va associata la figura di Giuseppe Mazzini, il pensatore, ma a cosa diavolo pensasse realmente il pensatore non si è mai scoperto.

“Scusi lei chi è?”

“Mazzini Giuseppe”

“E cosa fa?”

“Penso” “E a cosa pensa?”

“Ora lo vengo a dire a lei. penso e basta”

Boh.

Un'altra figura emblematica, disse Ferretti, è quella dell'intrepido balilla che sta gigante nella storia.
Ma nella storia di chi?
Degli scemi.

Lo sciagurato ragazzo un giorno sale su una palizzata e lancia un sasso, dicasi un sasso, contro una colonna di carri armati austriaci.
Che gli sparano direttamente una cannonata.

Il pezzo più piccolo del ragazzo di Portoria sarà poi ritrovato in Alto Adige.

Andando avanti, sempre secondo i testi scolastici disse, ci si imbatte in un matto come Enrico Toti il quale sale su una trincea e vede sotto gli austriaci armati fino ai denti.

Cosa fa? Gli lancia contro la stampella.
Vuoi fare l'eroe?
Bene, sputagli addosso, offendigli la famiglia ma la stampella no.
Sembra che gli austriaci si siano limitati a spingerlo sotto con un dito.

Ferretti si era infervorato davvero e, in verità, il racconto cominciava ad intrigarmi.

E che dire di Pietro Micca? gli chiesi.

Pietro Micca era un mentecatto che fin da piccolo aveva la mania di giocare con gli esplosivi.
I suoi genitori dovettero cacciarlo di casa perchè un giorno si e uno no gli incendiava il granaio.
La triste mania continuò anche da adulto.
Con l'aggravante che diventò pure anarchico.

Si seppe che i franco-austriaci sarebbero entrati a Torino attraverso una galleria.
La notizia, specie per gli anarchici, era ghiotta.

Pietro Micca preparò gli esplosivi e seguì di nascosto il nemico preparandosi all'estremo sacrificio.
Ma gli ordigni esplosivi di Pietro Micca avevano una caratteristica:
esplodevano soltanto quando lo stabilivano loro, non quando voleva il dinamitardo.
Finalmente, dopo vari tentativi, l'esplosione riuscì, il nemico era però già passato.
Ci fu una sola vittima: Pietro Micca.

E che dire poi dei fratelli Bandiera, continuò Ferretti, furono catturati a Custoza mentre, nel mezzo della battaglia dormivano dentro un casolare e non si erano accorti di nulla.

“Voi due, rispondete, quanti cannoni ci sono nel vostro reggimento?”

“Rispondete o sarete fucilati”

I fratelli Bandiera non risposero.

Furono degli eroi e per questo insigniti della M.O. al valor militare?

No, erano sordomuti e non avevano capito niente.

Ferretti disse poi a bassa voce che uno dei casi più emblematici di quel periodo riguardava un tenente di cavalleria, poi diventato eroe nazionale, che senza fare assolutamente nulla mise in serio imbarazzo il comando austriaco: Nazario Sauro.
In realtà il suo vero nome non era Nazario bensì Dino.

“Comandante, abbiamo catturato una spia italiana.”

“Bene, chi è?”

“Il Dino Sauro”

“Avete catturato un dinosauro?
Ma non si erano estinti?”

“Comandante, ma è una spia italiana”
“Gli italiani usano un dinosauro come spia?
Volete prendermi in giro?
due mesi di cella di rigore”

“Ma comandante, non è un dinosauro.
Si chiama così”

“Allora, se è così, riferite al colonnello e fate firmare l'ordine di fucilazione”

“Colonnello, dovete firmare un ordine di fucilazione”

“Per chi?”

“Per l'italiano, il Dino Sauro”

“Come? Volete fucilare un dinosauro?
Volete prendermi in giro?
Due mesi di cella di rigore”

“Ma colonnello, non è un dinosauro, quello si chiama così”

“Ma questo è un problema.
Cosa scrivo all'ordine del giorno, che ho fatto fucilare un dinosauro?”
“Mi viene un'idea: cambiamo il nome della spia, si chiamerà...vediamo...Nazario.
Ecco, Nazario Sauro” Così si concluse l'affaire Sauro.

Senza sapere ne per come ne perchè diventò un eroe ed oggi molte strade e piazze sono intestate a lui.

Il mio turno era finito, Ferretti aveva continuato a restare sveglio perciò era più stravolto di prima.
Gli raccomandai di non fare parola con nessuno delle sue deduzioni, rispose che eravamo solo all'inizio.

Poi, disse, guarda anche tu che è una balla, vedi che fucile mi hanno dato ?
Voi avete tutti i mitra, questo sembra preso in un museo, si sono dimenticati pure le munizioni.
Se vedo il nemico cosa faccio, dico bum bum ?

Me ne andai, ma il mio concetto sulla guerra e sugli alti comandi italiani cominciava a vacillare.

Il giorno dopo mi offrii volontario per dare il cambio a Ferretti, volevo ascoltare il resto delle sue deduzioni.
Il comandante ritenne che si fosse trattato di un gesto di altruismo, mi battè una mano sulla spalla: bravo, fossero tutti come lei l'esercito italiano sarebbe diverso.

Ferretti era appoggiato vicino alla feritoia dietro al fucile puntato minacciosamente verso il deserto.
Effettivamente non era un'arma ad avancarica ma ci mancava poco.

Avanti Ferretti, dissi, dove eravamo rimasti ?
“Vuoi sentire il resto della storia ?
Benissimo, mettiti comodo e ascolta”

Andiamo ancora avanti e arriviamo alla guerra mondiale 15/18.

L'esercito italiano è schierato sulle rive dell'Isonzo al comando del generale Raffaele Cadorna.
“Ordinanza, chiami subito il mio aiutante di bandiera”
“Capitano, faccia saltare tutti i ponti”
“Ma signor generale, se facciamo saltare i ponti ci troviamo con gli austriaci davanti ed il fiume alle spalle !”

“Cosa vuole capire lei di strategie militari, avanti, non discuta, faccia saltare i ponti”
Come andò a finire ?
Con gli austriaci davanti ed il fiume dietro, quindi senza vie di scampo, gli austriaci ci fecero un c......così a Caporetto.

Il generale Cadorna fu esonerato e promosso di grado secondo gli usi e costumi italiani e fu sostituito dal generale Armando Diaz che sistemò, non si sa come, le cose.

Procedendo avanti nel tempo e trovandoci in piena seconda guerra mondiale, occorre riflettere sulla circostanza che tutti questi “divertenti” episodi si verificarono sempre contro gli austriaci.

E Adolf Hitler era austriaco !
“Adolfo, so che stai per invadere la Polonia, ti mando due divisioni”
“No Benito, grazie, non mandare nessuno”
“Allora ti mando una squadriglia di caccia”
“No, grazie, fai come se avessi “accettato”
“Allora vado a spezzare le reni alla Grecia”
“Bravo, fai così”
“Anzi, invado l'Africa Settentrionale”
“Meglio, vattene affanculo in Africa”
Come è risaputo Hitler dovette intervenire per tirarci fuori dai guai.
Questa volta, per fortuna, riuscimmo a far perdere la guerra all'esercito più forte del mondo.

Andiamo avanti, disse tra se e se Ferretti, vediamo dove andiamo a finire.
Si arriva così, tra vicende e personaggi di poco conto, al mese di agosto del 1990.

Saddam si appresta ad invadere il Kuwait, l'ONU interviene con la risoluzione 146, l'Italia partecipa con due battaglioni di Lagunari e Parà della Folgore e con una squadriglia di sette cacciabombardieri Tornado.

Minchia ! Ci sono i Tornado italiani !
Saddam motto è !

Alle ore 00.00 del 2 agosto 1990 la CNN annuncia a tutto il mondo l'attacco.
Te lo ricordi?
Disse Ferretti ?
La prima missione oltre le linee nemiche viene affidata ad un Tornado italiano, con i piloti Cocciolone e Bellini.

Battendo tutti i record militari, esattamente un minuto e 57 secondi dopo il decollo, il Tornado viene abbattuto dalla contraerea irachena.

Che non aveva mai abbattuto nessuno, che non avrebbe beccato un cartello pubblicitario di 24 metri fermo sull'autostrada !
Ci ricordiamo tutti : My name is Cocciolone.

Dopo qualche tempo, Saddam, non si sa perchè, offre di restituire all'Italia i piloti abbattuti.
L'Italia accetta !
Ma come ? Invece di rispondere: pussa via, teneteveli voi, fategli guidare i cammelli e non i caccia, vengono accolti da eroi, promossi di grado, ora sono al comando della scuola di guerra aerea.

Così, tra una cosa e l'altra, si arriva a metà degli anni 90.
Bisogna dare una sonora lezione a Mengistu, in Somalia.

Altra risoluzione dell'ONU, la 147.
L'Italia partecipa con i soliti battaglioni di Lagunari e Parà ed anche con una squadra di 7 cacciatorpediniere, per eseguire l'embargo.

I sette caccia si schierano in linea di fila davanti al porto somalo.
E chi può passare di qua, neanche un merluzzo.
“Comandante, una nave sta cercando di forzare il blocco”
“A si? Segnalate di fermarsi immediatamente”
“Signore, abbiamo segnalato ma la nave non si ferma”
“A si? Ora gli facciamo vedere noi.
Sparategli un colpo di avvertimento a prua”
“Signore, noi spariamo ma i colpi non partono, signore”
“Ma come non partono ? Perchè ?”

“Signore, all'Arsenale di Napoli ci hanno dato i proiettili ma hanno dimenticato le spolette”
“Arsenale di Napoli, che c........avete combinato ?

Ci avete caricato i proiettili senza spolette ?”
“Ma signorì, noi pensavamo che andavate per una missione di pace, non che dovevate sparare a qualcuno o veramento!”

Si riunisce il consiglio di guerra in Italia, per rimediare alla figuraccia viene inviata sul posto nientepopodimenoche la nave ammiraglia della marina Italiana :
l'incrociatore lanciamissili Garibaldi.

Un mostro lungo 200 metri e largo sessanta, armato di missili ovunque, motorizzato con 6 turbine Fiat da 20.000 hp. ciascuna, una velocità di 50 mgl. l'ora, consumi pari ad una finanziaria pesante.

L'unità raggiunge velocemente l'obiettivo ed arriva in vista del porto somalo.
E qui si verifica un fatto incredibile.
Chi c'è al comando dell'incrociatore Garibaldi ?
Indovina, disse Ferretti con una specie di ghigno.

Il contrammiraglio Luigi Cadorna, nipote di quello di Caporetto.
Il comandante è in plancia insieme al suo secondo.
“Comandante, comandante, siamo troppo veloci, direi di rallentare”
“Ma cosa vuol capire lei di manovre nautiche.
Avanti, obbedisca, alla via così, mantenere rotta e velocità”
I somali, che sorseggiavano un te verde sulle banchine del porto, rimangono allibiti:
ma cosa vuol fare questo ?
Entrare in città con tutta la nave ?
Il prestigioso incrociatore da battaglia, vanto della marina Italiana, si insabbia a 50 metri dalle banchine.
Su un fondale di 12 metri, avendo un pescaggio di 30.

La situazione è grottesca.
“Signore, adesso cosa facciamo ?”
“Niente, aspettiamo l'alta marea”
“Ma signore, con un pescaggio di 30 metri non c'è alta marea che tenga”
“Allora facciamo intervenire i rimorchiatori dall'Italia”
“Ma signore, i rimorchiatori ci metteranno un mese per arrivare”
Si tratta riservatamente con i rimorchiatori somali, in pratica con il nemico.

Con l'impegno di pagamento di una lauta cifra i rimorchiatori nemici ci tirano fuori.

Sembra che da quel momento in poi nessuno con il nome Cadorna abbia più accesso alle accademie militari italiane.

Ferretti era soddisfatto, secondo lui aveva cercato e raggiunto la verità.

I libri di testo di storia dovevano essere riscritti e parecchie strade e piazze italiane dovevano cambiare nome, degli “eroi” non poteva rimanere traccia.

Rimasi per un po’ a pensare a quello che avevo sentito.
E se avesse avuto ragione ?
Ferretti, gli chiesi, consentimi un'ultima domanda.
In questa antologia ne manca uno: Silvio Pellico.

“Chi ? quello delle “mie prigioni” rispose.
Un altro mentecatto che aveva angustiato tutti quelli della sua epoca che avevano avuto la sciagura di leggere i suoi libri.
Di contenuto, secondo lui, patriottico.

Venne (fortunatamente) arrestato e rinchiuso per 15 anni nella fortezza di Spielberg.

Da li cominciò a tempestare, con la complicità sembra del suo confessore, tutti i suoi conoscenti di racconti terrificanti del tipo:
“Notizie intorno alla Beata Panasia” e “Pensieri religiosi e morali”.
Sembra che Metternich abbia ordinato la distribuzione di questi testi all'esercito austriaco per favorire il sonno e quindi il riposo dei soldati durante le pause in trincea.

Che di solito si manifestava dopo la prima mezza pagina.

Dopo aver esaurito la vena patriottico/religiosa, per la fortuna dei suoi amici, si dedicò ad un'altra attività questa volta innocua.

Ma non per i ragni ai quali rompeva continuamente i coglioni cercando di addomesticarli.

Non si hanno molte notizie sulla sua vita dopo i quindici, santi anni di detenzione.
Secondo alcuni espatriò in Argentina, secondo me, disse Ferretti non uscì mai da Spielberg.

I ragni, finalmente addomesticati, fecero tutti insieme un'enorme ragnatela e lo divorarono lentamente.

Ogni Stato, pensai, in particolare in determinati periodi ha bisogno di eroi.

Se non ci sono li inventa.
Sembrava che questo fosse accaduto in Italia.

Mi rimase un dubbio:
Ferretti era un filosofo prestato all'esercito o un militare prestato alla filosofia?
Mi venne da pensare a cosa avrebbe “dedotto” Ferretti, alla fine della sua ferma, a proposito del nostro intervento in Irak.

Una forza di pace armata fino ai denti, pur con tutte le considerazioni a proposito dell'armamento, con regole d'ingaggio che prevedevano però una “risposta elastica” solo dopo che il c.d. nemico ci aveva sparato addosso.

E tutto questo ci era costato un bel numero di morti.
Per di più, e questa è la cosa incredibile, inutili.

Questi furono veramente eroi, non perchè si comportarono più o meno eroicamente sul campo di battaglia ma perchè furono indotti a credere, in maniera subdola, che la nostra presenza militare potesse servire a portare la “democrazia”, per di più in pochi mesi e con le armi, in un territorio nel quale era sconosciuta da qualche migliaio di anni.

Compresi cosa intendeva Ferretti quando mi disse che questa guerra era una balla.
Avevo il suo indirizzo.

Quando tutto sarebbe finito avrei conosciuto le sue preziose idee in proposito.
Almeno così speravo.

A meno che qualcuno di quelli che dovevano essere democratizzati, non essendo d'accordo, ci sparasse addosso.
Magari a pochi giorni dalla fine della nostra ferma.

Il Risolutore era soddisfatto, senza sforzarsi troppo aveva cercato e raggiunto la verità.
I libri di testo di storia furono riscritti, parecchie strade e piazze italiane cambiarono nome, degli “eroi” non rimase traccia.

Consegnò il lavoro agli emissari e in attesa di nuovi contratti si concesse un meritato riposo.


( Eugenio Ardito )

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