Chi disprezza le gioie (e le responsabilità) della vita terrena solitamente si raccomanda alle fantasie
di quella eterna, confidando nell'imperscrutabilità dei doni della morte tanto risulta terrificante
l'ossessione del trapasso.
Altrimenti non si spiegherebbe il successo millenario di quella massa di alienazioni condivise
e stati allucinatori che genericamente chiamiamo "fede", nel mistero di come si possa davvero credere ad
un'accozzaglia di baggianate per dementi e fantasticherie non più verosimili di quanto
possa essere il gatto con gli stivali, attraverso una mitopoiesi 'sacra' dell'assurdo.
Cosa c'è infatti di più efficace che alimentare il terror panico di un 'fedele' già spaventato, per manipolare
poi il suo bisogno di sentirsi rassicurato, con la promessa di un aldilà a costo zero?
Come diceva Blaise Pascal, la 'fede' è una scommessa e credere non costa nulla.
Non per niente, nessuno è mai tornato indietro per sporgere reclamo sul corollario di storielle,
mortificazioni (nel corpo e dell'intelligenza) con prescrizioni (a pagamento), alla base di un'esistenza devota.
Ma se strutturate in "culto" organizzato e usate con metodo, sono favolette che possono tornare infinitamente utili.
Ne sa qualcosa il gesuita furbo travestito da francescano, e nella confusione dei ruoli assurto a popstar profana
del circo mediatico, abbracciato a due stecche di legno intersecate, all'origine di un feticismo idolatro che chiamano "croce"...
È questo il passaggio forse più indicativo, al netto delle solite ipocrisie di circostanza,
che il Cazzaro Bianco ("chi sono io per giudicare?!?") ha elucubrato nella sua preghierina pasquale,
lasciando intendere fin troppo
bene cosa intenda per separazione dei poteri nel rispetto delle reciproche prerogative.
Le religioni servono innanzitutto a chi le inventa, costituendo da sempre uno straordinario strumento di potere per il controllo
capillare delle coscienze, finalizzato all'arricchimento
di pochi nella presunzione (celeste?) di impunità terrena.
Il gusto necrofilo, reiterato nella finzione macabra della messinscena liturgica, è una costante di una psicosi
incentrata ossessivamente su un'iconografia mortuaria dal potere terrifico per cervelli in pappa.
Come si spiegherebbe diversamente la veglia notturna attorno al simulacro di un cadavere, nella "speranza" che questo
possa rianimarsi e trascinarsi dietro il fardello in putrefazione di quella 'carne' tanto disprezzata quand'era in vita.
E no, per fortuna i morti non resuscitano!