Questo sito web ed i sui contenuti sono esenti da cookie, pubblicità invasiva, occulta, subdola, eticamente scorretta e pure da files geneticamente modificati: per una libera informazione in un libero Stato. -
- No Malicious softwares, coookies, phishings, trojans etc. -

ref:topbtw-294.html/ 25 Aprile 2016/ C

HEIL-GAN e la Sindrome di Berlino..

Il paranoico contrabbandiere ormai é sempre più immerso nel suo delirio di onnipotenza..
E' quasi riuscito a mettere in imbarazzo "Mamma Merkel" , e nel contempo, le cancellerie di mezza europa.
Per un "tweet" di troppo ha fatto arrestare una giornalista olandese..
Poi rilasciata dopo poche ore, forse nel timore di un "Regeni" bis..

Ma scivola sempre di più nel fango, sommerso da insulti e risate e terrificanti twitter, caricature , blog, commenti sulla stampa, spettacoli di feroce satira..

Ma la paranoia porta alla chiusura dei giornali, all'incarcerazione di chiunque potrebbe solo "pensare" che é ora di appendere il burattino al ramo di un'albero..

Magari con una parte di prole, particolarmente corrotta ed indegna..

Le carceri turche ormai ospitano migliaia di persone, giudici e poliziotti inclusi, insomma, non é che poi fra poco apriranno campi di concentramento ed andranno ad avviare i forni crematori ?

Ed il tragico della vicenda é che forse riesce pure a ricattare, ancora un volta, la Germania..
Una Germania evidentemente in mano alla mafia turca ed ad una parte della classe politica sotto ricatto.

Abbiamo ancora una speranza: Olanda, Grecia, e le repubbliche baltiche:
una serie di no decisi ai ricatti, una serie di NO al delirio di Erdogan..

Oppure la cara e vecchia "Madre Russia " di un Putin che non dimentica mai.
Perché sono i Russi che, ogni tanto nella storia, vanno a dare una lezioncina a Turchi.
E non essendo la prima volta, magari comunque potrebbe non essere neppure l'ultima..


Il Sultano e la sindrome di Berlino.. ( oppure di Stoccolma ? )

Con l'espressione Sindrome di Stoccolma si intende un particolare stato di dipendenza psicologica e/o affettiva che si manifesta in alcuni casi in vittime di episodi di violenza fisica, verbale o psicologica.

Il soggetto affetto dalla Sindrome di Stoccolma, durante i maltrattamenti subiti, prova un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che può spingersi fino all'amore e alla totale sottomissione volontaria, instaurando in questo modo una sorta di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice.

Con i sondaggi che la danno in forte declino, sotto stress per la paranoica gestione dei migranti, con una vena di Sindrome di Stoccolma per un Erdogan arrogante banditello da strada e furbo contrabbandiere, Angela Merkel fà pagare i suoi errori a "quasi" tutta l'Europa.
A quasi tutta perché l'Inghilterra, che poi in Europa non vi é mai entrata più di tanto, tappato ben bene il tunnel ai migranti, all'Europa darà il ben servito.
Ottimo pretesto per un ripensamento generale di un'Europa che ci dettaglia le caratteristiche dell'olio d'oliva ma che non é in grado di uniformare i costi dell'energia, i carichi fiscali, i codici civili e penali, i regolamenti bancari.

Insomma quello che conta veramente e non il diametro dei pomodori standard..

E' vero, in molti diranno che "i mercati saranno molto nervosi" , se non "in preda ad una crisi di nervi.."
Nessun problema: nelle farmacie il Valium é ancora a buon mercato..

L'origine "storica" del nome:
Il 23 agosto 1973 alle ore 10:15 circa, un uomo di nome Jan-Erik Olsson di 32 anni, evaso dal carcere di Stoccolma (dove era detenuto per furto) tentò una rapina alla sede della "Sveriges Kredit Bank" di Stoccolma e prese in ostaggio tre donne e un uomo (loro erano:
Elisabeth, 21 anni, cassiera e successivamente infermiera;
Kristin, 23 anni, stenografa e successivamente assistente sociale; Brigitte, 31 anni, impiegata ;
Sven, 25 anni assunto da pochi giorni e successivamente impiegato presso un ufficio).

Olsson chiese e ottenne di essere raggiunto dal suo amico ed ex compagno di cella, Clark Olofsson, 26 anni.

La prigionia e la convivenza forzata di ostaggi e rapinatore durò 131 ore al termine dei quali i malviventi si arresero e gli ostaggi furono rilasciati senza che fosse eseguita alcuna azione di forza e senza che nei loro confronti fosse stata posta in essere alcuna azione violenta da parte del sequestratore.

Il locale in cui i fatti si svolsero, e in cui le sei persone vissero per circa sei giorni, era simile a un corridoio, lungo circa 16 metri, largo poco più di 3,5, completamente ricoperto di moquette.

La vicenda conquistò le prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo.

Durante la prigionia, come risulterà in seguito dalle interviste psicologiche (fu il primo caso in cui si intervenne anche a livello psicologico su sequestrati), gli ostaggi temevano più la polizia che non gli stessi sequestratori.
Nel corso delle lunghe sedute psicologiche cui i sequestrati vennero sottoposti si manifestò un senso positivo verso i malviventi che:
"avevano ridato loro la vita" e verso i quali si sentivano in debito per la generosità dimostrata.

Proprio questo paradosso psicologico prende il nome di “Sindrome di Stoccolma”, una reazione emotiva automatica, sviluppata a livello inconscio, al trauma creatosi con l'essere "vittima".

Benché a livello cosciente si possa credere che, in una situazione di sequestro, il comportamento più vantaggioso per il sequestrato sia “farsi amico” il sequestratore, in realtà la “Sindrome di Stoccolma” non deriva da scelta razionale, bensì come riflesso automatico.

La “sindrome”, rilevata e studiata poi in tutto il mondo proprio a partire dai fatti di Stoccolma (da cui il nome coniato dal criminologo e psicologo Nils Bejerot), comporta un elevato stato di stress psicofisico, che aumenta mano a mano che i protagonisti sembrano accettare la convivenza in un ambiente minaccioso che li costringe a nuove situazioni di adattamento, ed alla conseguente regressione a precedenti stadi di sviluppo della personalità.

Questo “legame positivo”, tuttavia, scaturente da una convivenza in qualche modo involontaria, interessa, indistintamente, sia l'ostaggio sia il carceriere:
cementando sempre più il legame tra le due entità, sviluppa il concetto di un “NOI qui dentro” contro un “LORO che stanno fuori”.

In via preliminare, si consideri che nello sviluppo della "Sindrome di Stoccolma", sono stati individuati i seguenti stadi:
"il sentimento positivo dei prigionieri verso i loro carcerieri, collegato al sentimento negativo verso la polizia.

Tale sentimento è spesso contraccambiato dai carcerieri.

La sindrome di Stoccolma viene spesso evocata nei resoconti giornalistici o in opere di fantasia.
Per contro, nella letteratura scientifica recente sono stati pubblicati solo tre lavori
(Jülich, 2005, Cantor, Price, 2007, Namnyak e coll., 2008) su tale argomento.
Inoltre essa non è inserita in nessun sistema internazionale di classificazione psichiatrica.

( Giorgio Comerio )


- Torna alla Prima Pagina - Back to the Front Page -

Condividi su Facebook -

- I contatti di oggi - Today contacts -

- Giorgio Comerio -

I lettori di questa pagina sono:


WOP!WEB Servizi per siti web... GRATIS!