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ref:topbtw-3340.html/ 25 Maggio 2022



- LA BATTAGLIA NAVALE ?
IL GRANO..


IL GRANO e.. LA GRANA..

La battaglia del grano..dal 1925 - al 2022.


La battaglia del grano fu una campagna lanciata durante il regime fascista da Benito Mussolini, allo scopo di perseguire l'autosufficienza produttiva di frumento dell'Italia.

La campagna ebbe successo nell'ottenere l'aumento della produzione nazionale di grano e nella conseguente diminuzione del disavanzo della bilancia commerciale, ma andò a scapito di altre colture, specialmente di quelle basilari per l'industria zootecnica e, in genere, dell'armonico sviluppo dell'agricoltura.

Nel 1925 il Regno d'Italia risultava importatore netto di 25 milioni di quintali di frumento, su un consumo totale di 75 milioni di quintali.

Per ribaltare questa situazione, provocante un passivo nella bilancia commerciale italiana, venne studiata la Battaglia del grano, una campagna che aveva lo scopo di far raggiungere la completa autosufficienza dall'estero di questa fondamentale fonte alimentare per la nazione, un'anticipazione della politica autarchica inaugurata dal regime nel 1935.

La "battaglia" venne proclamata durante la seduta notturna della Camera dei deputati del 20 giugno 1925.



Un dato su tutti:

il Programma alimentare delle Nazioni Unite riceve la metà del suo grano dall'Ucraina. E lo distribuisce ai paesi poveri, grano pagato dalle nazioni ricche… e non certo da quelle povere.

Un business di milioni di dollari con, probabilmente, molti tornaconti extra..

I Paesi africani e asiatici sono quelli che più dipendono da Putin e Zelensky

Secondo i dati del 2019 dell'Osservatorio della Complessità Economica (Oec), oltre il 90% del grano della Russia viene venduto in Africa e Asia, con Egitto, Turchia e Bangladesh a rappresentare oltre il 50% delle esportazioni.

In Europa arriva appena il 5%, con una quota per l'Italia irrisoria, lo 0,28%.

Le importazioni italiane

Stessa cosa vale per l'Ucraina: la stragrande maggioranza del grano viene esportata in Africa e Asia, in particolare in Egitto e Indonesia.

In Italia arriva appena l'1,3%. Guardando al nostro Paese, il fabbisogno di grano tenero è coperto per il 30% dalle importazioni dall'estero, il resto da produzione interna. Ma Russia e Ungheria insieme rappresentano una quota inferiore al 4% delle importazioni. Se si considera l'intero fabbisogno (quindi il totale del grano nostrano e quello importato che consumiamo ogni anno), la quota russa-ucraina si riduce ancora di più, intorno all'1,2%.

L'Italia, come il resto dell'Ue, non è dunque dipendente dalle importazioni dei due ex Paesi dell'Urss, a differenza di quanto avviene con gas e petrolio.

I nostri maggiori fornitori di grano sono Francia (19,9%), Canada (14,4%) e Ungheria (13%).

È proprio quest'ultimo Paese ad avere causato i maggiori scossoni a livello europeo, quando ha deciso pochi giorni fa di sospendere le esportazioni di cereali, a seguito dell'operazione militare avviata da Vladimir Putin.

L'ineffabile Orban

La scelta del premier Viktor Orban non è piaciuta agli altri partner europei, che lo accusano di stare violando gli accordi sul libero scambio sanciti dall'Ue e gli chiedono con insistenza di rivedere la sua posizione.

Tanto più visto che Budapest non ha certo problemi di deficit di grano, e soprattutto non importa neanche una spiga da Ucraina e Russia:
in termini assoluti, la sua produzione è pari a quella dell'Italia, ma con una popolazione sei volte inferiore.

Non a caso, nel 2019, l'Ungheria esportava grano nel resto dell'Ue per un valore di ben 552 milioni di dollari (a fronte di importazioni per 27 milioni).

Di questi, circa 220 milioni sono riconducibili all'export verso l'Italia.

Perché Budapest vuole abbandonare un business così redditizio è un mistero se il grano russo e ucraino è destinato soprattutto ad Africa e Oriente? Occorre guardare due cose:
i pericoli all'orizzonte e il borsino dei futures.

Le speculazioni

Secondo l'Economist, la quantità di grano attualmente in circolazione non sarebbe in pericolo, dato che viene di solito raccolto in estate, mentre a febbraio (quando è iniziata la guerra) la maggior parte delle navi che lo trasportano attraverso il mar Nero era già partita verso i Paesi di destinazione.

Allo stato attuale, entrambi i Paesi in guerra hanno vietato le esportazioni di cereali, ma a preoccupare ancor più è il futuro.

In Ucraina quest'anno il raccolto potrebbe non essere piantato affatto, mentre le scelte militari e l'atteggiamento di Putin stanno disincentivando Stati e investitori dall'acquisto di grano russo, oltre che di altri prodotti essenziali.

In pochi, almeno all'inizio, vorranno correre il rischio finanziario e la perdita di reputazione di comprare da lui.

La battaglia navale..

Ed allora ?

Che siano le nazioni acquirenti come Turchia, Egitto, Indonesia, Tunisia, etc. ad inviare la loro flotta per scortare la navigazione delle navi che consegnano, appunto a loro, ciò che hanno acquistato..

Se non lo fanno significa che, alla fin fine, è solo un bluff ed una speculazione finanziaria..

Ed infatti, guarda caso, l'Egitto ha già dichiarato che lui ha scorte fino a Dicembre..

Insomma tutti lo vogliono ma nessuno ha uno straccio di flotta e la determinazione politica di mandare delle navi da guerra per difendere i suoi importanti, legittimi ed onesti interessi..

A meno che , alla fin fine, questi interessi non siano poi così importanti, così legittimi, così onesti..


( Redazione - Milano )


L'ITALIA che NON MUORE....


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