ref:topbtw-373.html/B - 6 Luglio 2016
1- premio di maggioranza attuale di 340 seggi (54%) alla lista (non più alla coalizione) in grado di raggiungere
il 40% dei voti (non più il 37) al primo turno.
2- Il che significa che con il 40% dei voti a favore di un partito, il partito di maggioranza relativa è in
grado di governare avendo il 54% dei seggi disponibili, senza ricorrere ad alleanze, patti con partiti minori, accordi con gruppi e
gruppetti di assistenza, oppure - ancor peggio, come accaduto nel passato - con "appoggi esterni" od altre alchimie politiche di basso profilo etico.
Luglio 2016 ed il "problema" 5 STELLE.
Stando ai sondaggi il movimento 5 STELLE, alle prossime elezioni, potrebbe superare il 35% dei consensi e
diventare il partito di maggioranza relativa veleggiando verso il 40%.
Potrebbe facilmente vincere il ballottaggio contro il PD, come avvenuto in quasi tutti i comuni ove si è presentato e dove è andato al ballottaggio.
Già oggi, 6 Luglio 2016, stando ad alcuni sondaggi, ha superato il PD di mezzo punto percentuale.
L'ipotesi che pero' raggiunga il 40% dei consensi esiste ed è reale.
Anche se.. dopo mesi e mesi che giudicano Matteo Renzi un bugiardo matricolato, improvvisamente non lo considerano più
un bugiardo quando afferma di volersi dimettere se vincesse il NO al referendum confermativo di Ottobre.
E quindi - sorprendentemente - fanno una campagna elettorale per il NO che, a conti fatti, è solo a loro sfavore.
Infatti oggi come oggi avrebbero la concreta possibilità di raggiungere da soli il 40% dei voti, di governare quindi da soli,
e di non dover dipendere da altri.
Insomma di aprire il Parlamento "come una scatola di sardine".
Ma i misteri della logica e della matematica parlamentare sono tanti.. e quelli del movimento 5 STELLE paiono particolarmente "quantistici".
Una vera coalizione di sinistra potrebbe raggiungere il 40% o quasi, così come una vera coalizione di destra se molto coesa e con una sinistra sempre litigiosa.
Se il premio fosse ridato alle "coalizioni" ecco che il ballottaggio più probabile
sarebbe fra quella di sinistra e quella di destra, andandosi ad escludere il movimento 5 stelle dai giochi politici.
Il vantaggio del premio "alle coalizioni" è quello di accontentare tutti, inclusi gli avversari che potrebbero concordare
dei "patti di desistenza" da concedersi di volta in volta in cambio di favori e di "dimenticanze" opportune.
Come la Legge sul conflitto di interessi..
Alcune probabili "regalie" e "intercessioni" di esponenti UDC molto legati al servizio Postale, potrebbero essere la provata dimostrazione di
quanto siano importanti gli interventi di "assistenza" per mantenere salde le alleanze.
Ecco qui un ricordo del 1967 che puo' far comprendere meglio quanto deleterio è sempre stato il considerare il "peso"
di alleati di grandi e piccole dimensioni..
Ricordo infatti che l'espressione giornalistica "manuale Cencelli" trae origine dal cognome di Massimiliano Cencelli,
un funzionario della Democrazia Cristiana, che in un'intervista ad Avvenire del 25 luglio 2003 ne svelò gli antefatti:
La cosa divenne di pubblico dominio perché durante le crisi di governo, Sarti, che amava scherzare,
rispondeva sempre ai giornalisti che volevano anticipazioni:
Ma ecco che Franceschini, Cuperlo e tutti gli altri hanno fatto i loro conti e conteggi:
In questo modo si esclude il partito 5 Stelle perché, assai probabilmente,
il ballottaggio con una coalizione di destra è comunque vincente.
Non solo.
In un certo senso anche a Renzi può far comodo valutare la modifica - già scartata ai tempi dell'approvazione -
perché può essere il motivo per cancellare un referendum di incerto esito.
Oppure per costringere tutto il suo partito ad appoggiare un netto SI e quindi a vincerlo.
Insomma una bella carta da giocare, un Jolly che potrebbe risolvere a Matteo Renzi molte situazioni
di imbarazzo e mettere fuori gioco il movimento 5 stelle, quest'ultima cosa non da poco...
Peccato che poi si ritornerà al Manuale Cencelli..
Considerando che il movimento 5 STELLE non ha nessuna intenzione, né convenienza ed interesse, nell'allearsi
con uno dei partiti attualmente in Parlamento, è ovvio che proseguirà la sua corsa da solo ed in assoluto splendido isolamento.
Una sindrome da paranoia Renziana ?
Della serie " muoia Renzi e con lui tutti i Filistei ?"..
Come avevano previsto e promesso..
Nel frattempo tutti gli altri parlamentari si sono messi a far di conto con pallottoliere e calcolatrice.
Ed il risultato è sempre quello.
Le elezioni comunali di Milano sono state un "laboratorio" per valutare questa ipotesi.
Oppure fra il movimento 5 STELLE e la coalizione di sinistra.
Con la coalizione viene considerato il peso politico di ogni membro del futuro Governo
e vengono spartiti incarichi e prebende secondo il ben noto e sempre eterno "manuale Cencielli"
" Nel 1967 Sarti, con Cossiga e Taviani, fondò al congresso di Milano la corrente dei 'pontieri', cosiddetta perché
doveva fare da ponte fra maggioranza e sinistra.
Ottenemmo il 12% e c'era da decidere gli incarichi in direzione.
Allora io proposi:
se abbiamo il 12%, come nel consiglio di amministrazione di una società gli incarichi
vengono divisi in base alle azioni possedute, lo stesso deve avvenire per gli incarichi di partito
e di governo in base alle tessere.
Sarti mi disse di lavorarci su.
In quel modo Taviani mantenne l'Interno, Gaspari fu Sottosegretario alle Poste, Cossiga alla Difesa,
Sarti al Turismo e spettacolo.
chiedetelo a Cencelli "
in effetti per rimanere al Governo è necessario modificare la nuova legge elettorale già
in vigore e dare il premio di maggioranza alla coalizione.
Andando al Governo con il premio di maggioranza si possono distribuire gli incarichi ministeriali
in modo da ricompensare tutti i partecipanti e non i soli fedelissimi del leader.
ma evidentemente le eredità della vecchia Democrazia Cristiana sono sempre "pappa buona" per i bacchettoni della politica.
Il premio di maggioranza.. 340 seggi, pari al 54% - Come già in vigore dal primo Luglio 2016.
Ecco la versione definitiva dell'Italicum pubblicata sulla gazzetta ufficiale dell' 8 Maggio 2015 in vigore da primo Luglio 2016.
La versione finale licenziata dal Senato e poi approvata definitivamente dalla Camera prevede:
I collegi elettorali per la Camera dei deputati, tutti plurinominali fatta eccezione per
la Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano
Come precisato sopra, alla lista che raggiunge almeno il 40% dei voti al primo turno o che vince
al ballottaggio vengono automaticamente assegnati i 340 seggi derivanti dal premio di maggioranza,
mentre i 277 seggi restanti (si escludono infatti quello della Valle d'Aosta e i 12 della circoscrizione Estero)
vengono ripartiti fra le altre liste che superano lo sbarramento;
I voti espressi in questi collegi sono tuttavia computati nella determinazione della cifra elettorale nazionale
di ciascuna lista ai fini della determinazione del numero di voti considerato come soglia di
accesso alla ripartizione dei seggi e della determinazione della lista che ha
ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale (in funzione del premio di maggioranza).
Secondo la legge elettorale previgente, invece, il sistema dei collegi uninominali era previsto solo
per la Valle d'Aosta e non era computato né ai fini dello sbarramento,
né ai fini della determinazione del premio di maggioranza.
Inoltre, data la forte connessione con la legge di revisione costituzionale che prevedrebbe
l'abolizione del bicameralismo perfetto, nel testo dell'Italicum fu inserita
una clausola di salvaguardia che posticipava l'applicazione delle sue
disposizioni a decorrere dal 1º luglio 2016, data per la quale il governo prevedeva che
la riforma della Costituzione in discussione in Parlamento avesse terminato il suo iter e il Senato
non fosse più direttamente elettivo.
Fino all'emanazione di nuove norme, invece, per l'elezione dell'assemblea di Palazzo Madama
si applicheranno le disposizioni del Consultellum.
1 - premio di maggioranza di 340 seggi (54%) alla lista (non più alla coalizione) in grado di raggiungere il 40% dei voti (non più il 37) al primo turno;
2 - ballottaggio tra le due liste più votate se nessuna dovesse raggiungere la soglia del 40%, senza possibilità di apparentamento tra liste.
Il vincitore ottiene 340 seggi (non più 321);
3 - soglia di sbarramento unica al 3% su base nazionale per tutti i partiti, non essendo più previste le coalizioni;
4 - suddivisione del territorio nazionale in 100 collegi plurinominali, da designare con un decreto legislativo che il
governo è delegato a varare entro due mesi dall'entrata in vigore della legge;
5 - designazione di un capolista "bloccato" in ogni collegio da parte di ciascun partito,
con possibilità per i capilista di candidarsi in massimo 10 collegi;
6 - possibilità per gli elettori di esprimere sulla scheda elettorale due preferenze "di genere"
(obbligatoriamente l'una di sesso diverso dall'altra, pena la nullità della seconda preferenza)
da scegliere tra le liste di candidati presentate;
7 - per favorire l'alternanza di genere, l'obbligo di designare capilista dello stesso sesso
per non più del 60% dei collegi nella stessa circoscrizione (regione) e di compilare le liste seguendo l'alternanza uomo-donna.
questi ultimi seggi vengono ripartiti con metodo proporzionale, precisamente secondo il Metodo Hare-Niemeyer dei quozienti interi
e dei più alti resti:
i seggi vengono assegnati proiettando le percentuali ottenute dai partiti a livello nazionale sui 100 collegi
(i seggi assegnati da ognuno di essi variano da un minimo di 3 a un massimo di 9).
In Valle d'Aosta e nelle province autonome di Trento e Bolzano l'assegnazione dei
loro seggi avviene sulla base di nove collegi uninominali (rispettivamente, uno, quattro e quattro collegi)
e pertanto non è applicato il metodo proporzionale.
LA TRAVAGLIATA STORIA..
Per questi motivi il 26 gennaio 2009 venne presentata alla Camera dei Deputati una proposta di legge
elettorale di iniziativa popolare.
Per tutta la XVI legislatura, tuttavia, tale proposta non venne mai esaminata.
Il 4 dicembre 2013, con sentenza pubblicata nel gennaio 2014, la Corte Costituzionale dichiarò incostituzionali
le disposizioni della Legge Calderoli che assegnavano un premio di maggioranza indipendente
dal raggiungimento di una soglia minima di voti e prevedevano la presenza di lunghe liste bloccate senza preferenze
(le quali non rendevano i candidati riconoscibili all'elettore).
Il 10 dicembre 2013, in seguito alla pressione del segretario del Partito Democratico Matteo Renzi,
la Commissione Affari Costituzionali della Camera iniziò ad esaminare la proposta di legge popolare
di cui sopra e ne fece un testo unificato con ben trenta altre proposte di legge di iniziativa parlamentare.
Nel febbraio 2014 il Presidente del Consiglio Enrico Letta rassegnò le dimissioni a favore proprio di Renzi, insediatosi a capo
dell'Esecutivo il 22 febbraio.
L'ex sindaco di Firenze diede subito nuovo impulso al DDL presentando numerosi emendamenti
al testo unificato che lo modificarono profondamente, dando vita al primo Italicum.
Inizialmente esso conteneva anche le norme relative all'elezione del Senato della Repubblica,
ma l'11 marzo 2014, durante i lavori d'Aula, venne stralciata la parte riguardante il Senato,
rendendo così la legge valida solo per la Camera dei Deputati, nell'ottica della riforma costituzionale
allo studio in Parlamento che avrebbe dovuto rendere l'assemblea di Palazzo Madama non più direttamente elettiva.
Dopo diversi mesi di latenza, l'esame della riforma elettorale riprese nel gennaio 2015 al Senato,
dove subì molte modifiche frutto di trattative tra il Presidente del Consiglio da una parte e
le altre forze politiche e la minoranza interna al PD dall'altra.
Nel febbraio 2015, in seguito all'elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica e
la conseguente fine del Patto del Nazareno, Forza Italia cambiò radicalmente la sua opinione sull'Italicum,
arrivando perfino a definirla una legge autoritaria e incostituzionale e annunciando il suo voto contrario nella terza lettura della stessa.
La seconda versione della riforma elettorale venne trasmessa a Montecitorio, approdando nella Commissione Affari
Costituzionali della Camera l'8 aprile 2015 e giungendo in Aula il 27 aprile.
Il 28 aprile, tra le proteste delle opposizioni, il governo decise di porre la questione di fiducia sui tre
articoli del testo in discussione (il quarto non aveva subito modifiche e quindi non sarebbe stato votato)
con l'intenzione di evitare modifiche a parti degli articoli stessi e quindi una quarta lettura al Senato, dove i numeri della
maggioranza non erano così ampi come a Montecitorio.
Dopo aver superato tutti e tre i voti di fiducia, la riforma elettorale venne approvata in via definitiva pochi giorni dopo, il 4 maggio;
Due giorni più tardi, il 6 maggio, il testo dell'Italicum arrivò al Quirinale, dove il Presidente della Repubblica Mattarella
vi appose la sua firma, promulgando la nuova legge elettorale.
L'8 maggio 2015 il provvedimento compì il suo ultimo passaggio, venendo pubblicato in Gazzetta Ufficiale
e diventando a tutti gli effetti legge dello Stato con decorrenza dal primo luglio 2016
della modifica della legge elettorale.. inizia nel lontano anno 2005..
con la famosa legge Calderoli (legge 270/2005, comunemente nota come Porcellum), approvata durante
il Governo Berlusconi III, aveva regolato le elezioni politiche del 2006, 2008 e 2013, ed era stata
duramente criticata perché accusata di stravolgere la volontà degli elettori e di non garantire sempre governabilità.
La legge venne quindi di fatto trasformata in un proporzionale puro con un voto di
preferenza (soprannominato Consultellum).
Un'eventuale nuova legge elettorale avrebbe quindi dovuto tenere conto dei principi costituzionali indicati dalla Consulta.
L'Italicum venne approvato dalla Camera in prima lettura il 12 marzo.
La nuova versione dell'Italicum, tanto rivoluzionata rispetto alla prima da essere ribattezzata "Italicum 2.0", fu approvata dal Senato il
27 Gennaio con il sostegno dei voti di Forza Italia.
I senatori della minoranza PD rifiutarono di votare il provvedimento, uscendo dall'aula, rendendo così
fondamentali i voti del centro-destra per l'approvazione.
al momento del voto finale i partiti di opposizione uscirono dall'aula in segno di protesta nei confronti del provvedimento
da loro fortemente contestato e la minoranza del Partito Democratico votò contro in polemica con il segretario/premier Renzi.
( Giorgio Comerio )