Da sempre la leggenda e la verità sono
separate da una linea sottile, una lama sulla
quale stanno in equilibrio e che le fa
pendere da una parte o dall'altra in relazione
alle circostanze, alle interpretazioni o, più
semplicemente, alla volontà di chi le rivela.
Il caso di Walter Veronese rientra in pieno in
queste ipotesi, malgrado le indagini e le
verifiche effettuate a tutto campo da parte
della polizia, di eminenti psichiatri,
addirittura di studiosi del paranormale che
furono segretamente incaricati di studiare il
caso da parte della magistratura, quale
ultima possibilità per cercare di attribuire a
quello che era avvenuto, o che si era
creduto fosse realmente avvenuto, almeno
una parvenza di realtà.
Ma oggi, a distanza
di anni, il caso Veronese rimane un mistero.
Se si fosse trattato semplicemente del
racconto di una persona, alla quale attribuire
disturbi più o meno gravi della personalità,
malgrado agli esami più che approfonditi da
parte di autorità del settore psichiatrico non
avesse mai mostrato alcun segnale, per
quanto debole, che potesse dirigere le
indagini e quindi i risultati eventuali in quel
senso, una seppur discutibile soluzione si
sarebbe trovata. E il caso sarebbe stato
chiuso.
Ma c'erano delle prove, visibili e
indiscutibili di quello che di orribile era
avvenuto, prove concrete che conducevano
ad una soluzione ed una soltanto:
I fatti
sono accaduti realmente.
Ma è
impossibile che siano accaduti.
PRIMA PARTE
Walter Veronese è uno stimatissimo
professore di filosofia e storia antica presso
l'università di Milano, all'epoca dei fatti
aveva 38 anni.
Era un single convinto, un
uomo molto attraente che non disdegnava
frequenti avventure con le ragazze che
incontrava spesso casualmente e che erano
attratte, oltre che dal suo fisico, da un'aria
innocente e trasognata che suscitava in loro
un senso di protezione materna.
Un classico
ma assolutamente non ricercato o artefatto,
Walter era fatto esattamente come appariva.
Abitava (ed abita ancora) una villa
modernissima nella "Riviera dei Limoni" sulla
sponda occidentale del Lago di Garda, in una
posizione incantevole.
Le origini del
territorio sono etrusche, la villa si trova al
centro di un'ampia vegetazione costituita da
pioppi, olivi e cipressi.
Lo spazio intorno alla
residenza è in massima parte formato da un
curatissimo prato all'inglese, alberi di agrumi
e cespugli di rose, tutte esclusivamente
rosse.
Più una piscina e un campo da tennis.
La residenza indica facilmente la situazione
finanziaria del professore.
Walter era ricco di
famiglia, oltre alla ottima remunerazione per
l'incarico universitario, poteva contare sul
reddito azionario derivante da ottimi
investimenti che i suoi genitori, da anni
residenti a Parigi, avevano fatto per lui.
Walter amava la materia che insegnava ai
suoi studenti, in particolare la storia antica,
era considerato, a ragione, uno dei massimi
conoscitori della poco chiara storia degli
etruschi.
Le loro origini sono infatti ancora
avvolte nel mistero, sembrerebbero
riconducibili a diverse ipotesi:
provenienza
orientale e da settentrione.
Secondo Erodoto
sarebbero giunti dalla Lidia, attuale Turchia
meridionale, i Lidii giunti in Italia avrebbero
poi cambiato il loro nome in Tirreni, dal
nome di uno dei loro condottieri , più tardi
con il termine latino Tusci, derivante dai riti
sacrificali, anche umani, che sembrava
esercitassero.
Si trattava comunque di un
popolo antichissimo e a ciò fu attribuita
l'indecifrabilità della lingua etrusca.
Pure se
il professor Veronese era riuscito a decifrare
molte iscrizioni rinvenute nel corso di scavi
effettuati nella zona.
Ma delle sue traduzioni
non voleva mai parlare, secondo lui erano
ancora incomplete ed era necessario ancora
del tempo per renderle accessibili al mondo.
Forse a questa sua particolare attitudine si
potrebbe attribuire, con un po' di forzatura,
tutto ciò che di orribile avvenne in quelle
zone.
Walter aveva molti conoscenti ma pochi
amici con i quali aveva stabilito un rapporto
molto intimo.
Erano tre, quattro con Walter,
e insieme avevano formato un gruppo unito
e indissolubile, ognuno aveva scelto una
strada diversa, quella che riteneva o che era
maggiormente congeniale al proprio
carattere, alla propria concezione di quello
che sarebbe stato il proprio futuro
professionale.
Tutti e quattro avevano scelto
la carriera universitaria:
Carlo del Campo,
dopo un breve periodo trascorso come
assistente e dopo aver vinto il concorso per
la cattedra di psichiatria, lasciata libera dal
professore titolare andato in pensione in
anticipo per motivi sconosciuti, aveva
assunto la titolarità della cattedra e
riorganizzato totalmente la facoltà che negli
ultimi tempi era quasi allo sbando.
Il vecchio
professor Grimaldi, vecchio non di età,
infatti quando si dimise aveva soltanto
cinquant'anni, ultimamente e senza
apparenti motivi, cominciava a dare evidenti
segni di instabilità mentale.
Tutto cominciò quando un giorno dimenticò
dove aveva parcheggiato l'auto, una cosa
che probabilmente può succedere a tutti, ma
l'episodio diventò più frequente, quasi
giornaliero.
A questo si aggiunse il fatto,
certamente più grave, che non si presentò
regolarmente alle sessioni di esame e senza
avvertire nessuno.
Il consiglio direttivo
dell'Università ritenne opportuno chiedere al
professore di prendere un periodo di riposo.
Dopo neppure un mese il professor Grimaldi
rassegnò le dimissioni dall'incarico.
Augusto
Grimaldi era considerato uno dei massimi
esponenti della psichiatria moderna, teneva
corsi e conferenze in tutto il mondo e le sue
pubblicazioni, tradotte in più lingue,
facevano parte dei testi universitari europei.
Era rimasto da poco vedovo, la moglie era
morta in un inspiegabile incidente
automobilistico:
la sua auto era uscita di
strada in pieno rettilineo.
Non c'era nessun
ostacolo e nessun'altra auto che percorresse
la statale al momento dell'incidente.
La cosa abbastanza strana che emerse fu
che al momento dell'impatto con il guardrail
il contachilometri rimase bloccato ad una
velocità di duecento chilometri l'ora.
L'auto
fu esaminata a fondo dai periti ma non
risultò alcun guasto tecnico, la signora, che
di solito andava pianissimo, stava
volontariamente andando a quella folle
velocità.
E l'autopsia eseguita
immediatamente non rivelò alcuna, anche se
momentanea alterazione fisica.
Anche se
non dimostrò mai una ben che minima
reazione all'avvenimento, si ritenne che il
professore avesse subito un trauma e che a
quell'episodio erano da attribuire le sue
condizioni psichiche.
Ma rimase soltanto
un'ipotesi.
Carlo del Campo era sposato con Jenny, una
ragazza americana che frequentava la
facoltà prima che lui assumesse la titolarità
della cattedra.
Poi si era laureata in
psichiatria ed aveva subito trovato lavoro
presso una clinica per malattie mentali in
zona.
Una clinica affermata che ospitava
persone afflitte da problemi mentali più o
meni gravi provenienti da ogni parte d'Italia
e d'Europa.
Si incontrarono casualmente, Carlo
frequentava uno dei circoli più esclusivi di
tennis e Jenny si era iscritta da poco, furono
sorteggiati per una gara di doppio misto e
da quel momento cominciarono a
frequentarsi sempre con maggiore
frequenza.
Si erano innamorati e dopo un
breve fidanzamento si sposarono.
Stranamente, pur frequentando la stessa
università e nel medesimo periodo, non
avevano avuto modo di notarsi
reciprocamente.
Testimoni di nozze per lo
sposo furono gli amici di sempre:
Walter
Veronese e Luisa Castelli.
Fu un matrimonio
molto intimo, soltanto gli sposi e i testimoni.
I genitori di Jenny avevano divorziato molti
anni prima e i rapporti con lei si erano
interrotti definitivamente.
Per Jenny era
come se non fossero mai esistiti.
Forse per
questo motivo Carlo aveva preferito non
estendere gli inviti ad altri e per non crearle
qualche forma di imbarazzo evitare pure la
partecipazione dei suoi genitori.
Jenny aveva interrotto ogni contatto con
parenti ed amici che indubbiamente doveva
avere negli Stati Uniti.
Considerava la sua
permanenza nel Maryland, dove era nata e
dove aveva vissuto fino al momento di
trasferirsi in Italia, un periodo da escludere
completamente dalla propria mente e dai
suoi ricordi.
Carlo aveva compreso che di
quel periodo lei non voleva parlare,
dovevano esserci dei motivi precisi, forse
gravi, ma il suo carattere e il suo amore per
lei gli impedirono sempre di approfondirli.
Pur reputando quanto meno misteriosa la
vicenda.
Jenny era decisamente bella, gli
occhi chiarissimi colore del grano maturo e i
capelli scuri, portati molto corti, un fisico
asciutto e perfetto e uno sguardo dolcissimo
che contrastava con un carattere duro e
intransigente che però difficilmente poteva
essere compreso, almeno da parte della
gente che più o meno regolarmente le
capitava di frequentare.
Il suo comportamento nei confronti dei
colleghi della clinica e dei suoi superiori era
ineccepibile, nessun appunto poteva esserle
mosso.
Senza mai dimostrare alcun
sentimento di arrivismo e limitandosi a
svolgere i suoi incarichi meglio degli altri, in
soli due anni aveva scalato tutto il
difficilissimo percorso della carriera ed era
stata nominata direttore del centro di
malattie mentali della clinica.
Naturalmente
ciò aveva suscitato scalpore e malcelata
invidia in tutto il personale direttivo, medici
di chiara fama che prestavano la loro opera
da anni si erano sentiti ingiustamente
scavalcati da quella ragazza appena arrivata,
anche se si era laureata con il massimo dei
voti e aveva conseguito dei Master di grande
prestigio all'università di Parigi.
Dove
conobbe, per una serie di coincidenze, i
genitori di Walter che ci abitavano.
La
proprietà della clinica, attraverso il proprio
CDA, aveva manifestato la decisione,
ovviamente irrevocabile, di quella, per molti
discutibile nomina.
Sotto il profilo della competenza
professionale Carlo e Jenny formavano una
coppia formidabile:
uno titolare della
cattedra di psichiatria all'università, l'altra
direttore di una delle cliniche per malattie
mentali più prestigiose d'Europa e forse del
mondo.
Erano molto giovani, belli ed
eleganti anche se in modo casual,
frequentavano divertendosi le feste piuttosto
frequenti a Riva del Garda, nessuno avrebbe
potuto supporre il loro impegno
professionale ai massimi livelli.
Anche se non si può dire che avessero molti
veri amici. Le loro frequentazioni erano
sempre ristrette a Walter ed a Luisa Castelli.
I loro testimoni di nozze.
Un gruppo
affiatato ed inseparabile, destinato ad
allargarsi con il formarsi delle rispettive
famiglie.
Come tutti in paese rimasero colpiti
da quello che di orrendo e incredibile
avvenne.
Si discuteva in facoltà dello stato di salute
del professor Grimaldi, che dal momento
delle sue dimissioni non aveva più dato
notizie di se.
Prima di quella che poteva
essere considerata una crisi, prima
passeggera poi definitiva. Grimaldi era un
uomo allegro e socievole, sempre disponibile
con i colleghi e con gli studenti.
Altissimo,
quasi due metri di altezza che
indubbiamente incutevano rispetto e a volte
timore, con i capelli precocemente brizzolati
che contribuivano comunque ad accrescere
la sua autorevolezza, elegante e molto
formale nei rapporti con tutti, aveva una
strana voce in falsetto che strideva con
l'aspetto fisico.
Tutti erano abbastanza certi
che la crisi fosse stata determinata dalla
morte della moglie, oltre tutto in quel modo
abbastanza strano, ma ripercorrendo con
maggiore attenzione l'evoluzione del suo
stato di salute mentale, si resero conto che
le sue stranezze erano cominciate molto
prima dell'incidente.
Che quindi non poteva
esserne la causa, semmai avrebbe potuto
provocarne un aggravamento.
Ritennero necessario, oltre che doveroso,
andare a casa del professore e verificare di
persona il suo stato visto che non
rispondeva al telefono.
Carlo del Campo,
quale successore di Grimaldi nella cattedra e
in qualità di amico più intimo non poteva
che essere delegato all'incarico.
Certamente
non facile anche perchè nessuno, a parte
notizie frammentarie e indirette attinte dai
vicini di casa del professore, conosceva
esattamente il suo stato mentale.
Il
professor Grimaldi abitava a Riva del Garda,
a nord del Lago, circondato dal Monte
Rocchetta da una parte e dal Monte Baldo
dall'altra.
Una grande villa quasi sulla
spiaggia, con i ciotoli bianchi davanti
all'acqua azzurra.
Il parco della villa, se non
proprio in stato di abbandono, dimostrava
l'assenza di cura da tempo.
Prima della crisi,
due giardinieri fissi provvedevano alla
manutenzione del terreno e delle piante
tenendo tutto in perfetto ordine.
Evidentemente e forse in coincidenza con il
cambiamento del professore, non si
vedevano più.
Carlo trovò il cancello della casa appena
accostato, la chiusura e l'apertura erano
state ultimamente affidate al vento.
Percorse il viale che una volta era affiancato
da cespugli di piante sempre verdi ormai
quasi rinsecchite e suonò il campanello
davanti alla porta d'ingresso.
Senza nessuna
risposta.
In genere, anche attraverso una
porta si sente, ma non sentì alcun rumore,
forse la corrente elettrica era stata staccata
o mancava.
Non sapeva cosa pensare, era
possibile che il professore non volesse aprire
deliberatamente ma poteva anche star male.
Prese il cellulare per chiamare la polizia e
fare abbattere la porta, gli sembrava una
cosa logica, ma come se il suo pensiero
fosse stato percepito, prima di completare il
numero la porta si aprì.
La diagnosi psichiatrica è indubbiamente un
procedimento molto complesso, i disturbi
possono essere temporanei o cronici e
comunque compromettono in modo più o
meno grave la qualità della vita di chi ne è
colpito e nei casi peggiori la vita della
famiglia e di chi ha la sfortuna di stargli
vicino.
Per valutarne l'effettivo grado
occorrono valutazioni anamnestiche, test e
colloqui clinici.
Nel caso del professor Grimaldi tutto questo
era del tutto superfluo, a Carlo bastò
un'occhiata per capire tutta la devastazione
mentale che lo aveva improvvisamente
colpito.
Sapeva pure perfettamente che
raramente la malattia si manifesta
improvvisamente e senza precedenti episodi
che possano ricondurre al disturbo. A meno
di una causa scatenante.
Che sarebbe
potuta essere la perdita della moglie.
Ma i
disturbi si erano manifestati prima
dell'incidente, pertanto la causa doveva
essere un'altra.
Ma quale ?
L'uomo che aprì la porta a Carlo aveva
soltanto le sembianze fisiche di Grimaldi,
che non potevano cambiare. Sembrava un
altro essere che del brillante professore
aveva ben poco.
La casa, un tempo arredata
con mobili preziosi e ricercati era in stato di
abbandono totale, la polvere copriva tutto e
tutti i libri che facevano parte
dell'ordinatissima biblioteca erano
ammonticchiati a terra ed in parte bruciati,
resti di pasti approssimativi si trovavano
ovunque.
Gli oggetti, le foto di famiglia, una preziosa
collezione di statuette bianche antichissime
che rappresentavano i personaggi del
presepio alle quali sembrava tenere
moltissimo e tutto ciò che costituiva il
corredo di quella abitazione un tempo
bellissima, erano stati quasi tutti distrutti e i
resti sparsi sul pavimento coperto di
macchie sicuramente organiche.
Ma la cosa
più strana che colpì Carlo fu una, ancora più
evidente:
tutti i quadri, anche di autori
famosi, erano stati rimossi e ordinatamente
accatastati, sostituiti da stampe di diverse
misure e provenienze, con un soggetto
unico.
Le opere di Thedore Gericault,
prevalentemente riproduzioni della sua
opera più famosa:
la zattera della Medusa il
cui originale è esposto al Louvre.
Il quadro
trae spunto da un fatto di cronaca del 1816:
l'affondamento della nave francese Medusa.
Una parte degli occupanti della nave si
rifugio' su una zattera che rimase in balia
delle onde per settimane.
Fu un'esperienza
terribile, la maggior parte di loro morì per la
fame e per la sete, i superstiti, quindici su
centoquarantasette, poi salvati da una nave
di passaggio, sopravvissero grazie a
spaventosi episodi di cannibalismo.
Il
quadro, dunque, usa un episodio di cronaca
per esprimere un contenuto preciso:
la vita
umana in bilico tra la speranza e la
disperazione.
E' proprio la tensione visibile
nell'opera tra queste due forze opposte a
dare il tratto drammatico alla scena.
Così
deve vivere il dubbio dell'uomo che non sa
quale sarà il finale:
la morte o la salvezza
che lo aspetta.
... ( continua )..
Volete scoprire il colpevole ?
Volete partecipare al quiz ?
Nulla di più facile..
Uno di questi sarà il colpevole..
Basta inviare una email a: info@topbtw.com con il nome dell'assassino ed, ovviamente il vostro nome, cognome ed indirizzo..
I primi dieci che indovineranno il nome del colpevole avranno l'avventura di stare, per una giornata intiera, con l'editore di www.topbtw.com/
Ovviamente per parlare di letteratura, future collaborazioni, e di altre amenità del genere..
A loro assoluto rischio e pericolo..
L'incontro avverà a Mazara del Vallo - Sicilia - oppure altrove..
Quando e dove ?
Sarà la sorpresa svelata con l'ultimo episodio..
Buona lettura e.. buona caccia al colpevole!