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Il Racconto della Domenica - 17 Luglio 2016 -
Primo episodio di: " Il caso Veronese " -

Dopo aver eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità..
Sherlock Holmes

Da sempre la leggenda e la verità sono separate da una linea sottile, una lama sulla quale stanno in equilibrio e che le fa pendere da una parte o dall'altra in relazione alle circostanze, alle interpretazioni o, più semplicemente, alla volontà di chi le rivela.

Il caso di Walter Veronese rientra in pieno in queste ipotesi, malgrado le indagini e le verifiche effettuate a tutto campo da parte della polizia, di eminenti psichiatri, addirittura di studiosi del paranormale che furono segretamente incaricati di studiare il caso da parte della magistratura, quale ultima possibilità per cercare di attribuire a quello che era avvenuto, o che si era creduto fosse realmente avvenuto, almeno una parvenza di realtà.

Ma oggi, a distanza di anni, il caso Veronese rimane un mistero.

Se si fosse trattato semplicemente del racconto di una persona, alla quale attribuire disturbi più o meno gravi della personalità, malgrado agli esami più che approfonditi da parte di autorità del settore psichiatrico non avesse mai mostrato alcun segnale, per quanto debole, che potesse dirigere le indagini e quindi i risultati eventuali in quel senso, una seppur discutibile soluzione si sarebbe trovata. E il caso sarebbe stato chiuso.

Ma c'erano delle prove, visibili e indiscutibili di quello che di orribile era avvenuto, prove concrete che conducevano ad una soluzione ed una soltanto:
I fatti sono accaduti realmente.
Ma è impossibile che siano accaduti.


PRIMA PARTE

Walter Veronese è uno stimatissimo professore di filosofia e storia antica presso l'università di Milano, all'epoca dei fatti aveva 38 anni.

Era un single convinto, un uomo molto attraente che non disdegnava frequenti avventure con le ragazze che incontrava spesso casualmente e che erano attratte, oltre che dal suo fisico, da un'aria innocente e trasognata che suscitava in loro un senso di protezione materna.

Un classico ma assolutamente non ricercato o artefatto, Walter era fatto esattamente come appariva.

Abitava (ed abita ancora) una villa modernissima nella "Riviera dei Limoni" sulla sponda occidentale del Lago di Garda, in una posizione incantevole.

Le origini del territorio sono etrusche, la villa si trova al centro di un'ampia vegetazione costituita da pioppi, olivi e cipressi.

Lo spazio intorno alla residenza è in massima parte formato da un curatissimo prato all'inglese, alberi di agrumi e cespugli di rose, tutte esclusivamente rosse.

Più una piscina e un campo da tennis.
La residenza indica facilmente la situazione finanziaria del professore.

Walter era ricco di famiglia, oltre alla ottima remunerazione per l'incarico universitario, poteva contare sul reddito azionario derivante da ottimi investimenti che i suoi genitori, da anni residenti a Parigi, avevano fatto per lui.

Walter amava la materia che insegnava ai suoi studenti, in particolare la storia antica, era considerato, a ragione, uno dei massimi conoscitori della poco chiara storia degli etruschi.

Le loro origini sono infatti ancora avvolte nel mistero, sembrerebbero riconducibili a diverse ipotesi:
provenienza orientale e da settentrione.

Secondo Erodoto sarebbero giunti dalla Lidia, attuale Turchia meridionale, i Lidii giunti in Italia avrebbero poi cambiato il loro nome in Tirreni, dal nome di uno dei loro condottieri , più tardi con il termine latino Tusci, derivante dai riti sacrificali, anche umani, che sembrava esercitassero.
Si trattava comunque di un popolo antichissimo e a ciò fu attribuita l'indecifrabilità della lingua etrusca.

Pure se il professor Veronese era riuscito a decifrare molte iscrizioni rinvenute nel corso di scavi effettuati nella zona.

Ma delle sue traduzioni non voleva mai parlare, secondo lui erano ancora incomplete ed era necessario ancora del tempo per renderle accessibili al mondo.

Forse a questa sua particolare attitudine si potrebbe attribuire, con un po' di forzatura, tutto ciò che di orribile avvenne in quelle zone.

Walter aveva molti conoscenti ma pochi amici con i quali aveva stabilito un rapporto molto intimo.

Erano tre, quattro con Walter, e insieme avevano formato un gruppo unito e indissolubile, ognuno aveva scelto una strada diversa, quella che riteneva o che era maggiormente congeniale al proprio carattere, alla propria concezione di quello che sarebbe stato il proprio futuro professionale.

Tutti e quattro avevano scelto la carriera universitaria:
Carlo del Campo, dopo un breve periodo trascorso come assistente e dopo aver vinto il concorso per la cattedra di psichiatria, lasciata libera dal professore titolare andato in pensione in anticipo per motivi sconosciuti, aveva assunto la titolarità della cattedra e riorganizzato totalmente la facoltà che negli ultimi tempi era quasi allo sbando.

Il vecchio professor Grimaldi, vecchio non di età, infatti quando si dimise aveva soltanto cinquant'anni, ultimamente e senza apparenti motivi, cominciava a dare evidenti segni di instabilità mentale.

Tutto cominciò quando un giorno dimenticò dove aveva parcheggiato l'auto, una cosa che probabilmente può succedere a tutti, ma l'episodio diventò più frequente, quasi giornaliero.

A questo si aggiunse il fatto, certamente più grave, che non si presentò regolarmente alle sessioni di esame e senza avvertire nessuno.

Il consiglio direttivo dell'Università ritenne opportuno chiedere al professore di prendere un periodo di riposo. Dopo neppure un mese il professor Grimaldi rassegnò le dimissioni dall'incarico.
Augusto Grimaldi era considerato uno dei massimi esponenti della psichiatria moderna, teneva corsi e conferenze in tutto il mondo e le sue pubblicazioni, tradotte in più lingue, facevano parte dei testi universitari europei.

Era rimasto da poco vedovo, la moglie era morta in un inspiegabile incidente automobilistico:
la sua auto era uscita di strada in pieno rettilineo.

Non c'era nessun ostacolo e nessun'altra auto che percorresse la statale al momento dell'incidente.

La cosa abbastanza strana che emerse fu che al momento dell'impatto con il guardrail il contachilometri rimase bloccato ad una velocità di duecento chilometri l'ora.

L'auto fu esaminata a fondo dai periti ma non risultò alcun guasto tecnico, la signora, che di solito andava pianissimo, stava volontariamente andando a quella folle velocità.

E l'autopsia eseguita immediatamente non rivelò alcuna, anche se momentanea alterazione fisica.

Anche se non dimostrò mai una ben che minima reazione all'avvenimento, si ritenne che il professore avesse subito un trauma e che a quell'episodio erano da attribuire le sue condizioni psichiche.

Ma rimase soltanto un'ipotesi.

Carlo del Campo era sposato con Jenny, una ragazza americana che frequentava la facoltà prima che lui assumesse la titolarità della cattedra.

Poi si era laureata in psichiatria ed aveva subito trovato lavoro presso una clinica per malattie mentali in zona.

Una clinica affermata che ospitava persone afflitte da problemi mentali più o meni gravi provenienti da ogni parte d'Italia e d'Europa.

Si incontrarono casualmente, Carlo frequentava uno dei circoli più esclusivi di tennis e Jenny si era iscritta da poco, furono sorteggiati per una gara di doppio misto e da quel momento cominciarono a frequentarsi sempre con maggiore frequenza.

Si erano innamorati e dopo un breve fidanzamento si sposarono. Stranamente, pur frequentando la stessa università e nel medesimo periodo, non avevano avuto modo di notarsi reciprocamente.

Testimoni di nozze per lo sposo furono gli amici di sempre:
Walter Veronese e Luisa Castelli.

Fu un matrimonio molto intimo, soltanto gli sposi e i testimoni. I genitori di Jenny avevano divorziato molti anni prima e i rapporti con lei si erano interrotti definitivamente.

Per Jenny era come se non fossero mai esistiti.

Forse per questo motivo Carlo aveva preferito non estendere gli inviti ad altri e per non crearle qualche forma di imbarazzo evitare pure la partecipazione dei suoi genitori.

Jenny aveva interrotto ogni contatto con parenti ed amici che indubbiamente doveva avere negli Stati Uniti.

Considerava la sua permanenza nel Maryland, dove era nata e dove aveva vissuto fino al momento di trasferirsi in Italia, un periodo da escludere completamente dalla propria mente e dai suoi ricordi.

Carlo aveva compreso che di quel periodo lei non voleva parlare, dovevano esserci dei motivi precisi, forse gravi, ma il suo carattere e il suo amore per lei gli impedirono sempre di approfondirli.

Pur reputando quanto meno misteriosa la vicenda.
Jenny era decisamente bella, gli occhi chiarissimi colore del grano maturo e i capelli scuri, portati molto corti, un fisico asciutto e perfetto e uno sguardo dolcissimo che contrastava con un carattere duro e intransigente che però difficilmente poteva essere compreso, almeno da parte della gente che più o meno regolarmente le capitava di frequentare.

Il suo comportamento nei confronti dei colleghi della clinica e dei suoi superiori era ineccepibile, nessun appunto poteva esserle mosso.

Senza mai dimostrare alcun sentimento di arrivismo e limitandosi a svolgere i suoi incarichi meglio degli altri, in soli due anni aveva scalato tutto il difficilissimo percorso della carriera ed era stata nominata direttore del centro di malattie mentali della clinica.

Naturalmente ciò aveva suscitato scalpore e malcelata invidia in tutto il personale direttivo, medici di chiara fama che prestavano la loro opera da anni si erano sentiti ingiustamente scavalcati da quella ragazza appena arrivata, anche se si era laureata con il massimo dei voti e aveva conseguito dei Master di grande prestigio all'università di Parigi.

Dove conobbe, per una serie di coincidenze, i genitori di Walter che ci abitavano.

La proprietà della clinica, attraverso il proprio CDA, aveva manifestato la decisione, ovviamente irrevocabile, di quella, per molti discutibile nomina.

Sotto il profilo della competenza professionale Carlo e Jenny formavano una coppia formidabile:
uno titolare della cattedra di psichiatria all'università, l'altra direttore di una delle cliniche per malattie mentali più prestigiose d'Europa e forse del mondo.

Erano molto giovani, belli ed eleganti anche se in modo casual, frequentavano divertendosi le feste piuttosto frequenti a Riva del Garda, nessuno avrebbe potuto supporre il loro impegno professionale ai massimi livelli.

Anche se non si può dire che avessero molti veri amici. Le loro frequentazioni erano sempre ristrette a Walter ed a Luisa Castelli.

I loro testimoni di nozze.

Un gruppo affiatato ed inseparabile, destinato ad allargarsi con il formarsi delle rispettive famiglie.
Come tutti in paese rimasero colpiti da quello che di orrendo e incredibile avvenne.

Si discuteva in facoltà dello stato di salute del professor Grimaldi, che dal momento delle sue dimissioni non aveva più dato notizie di se.

Prima di quella che poteva essere considerata una crisi, prima passeggera poi definitiva. Grimaldi era un uomo allegro e socievole, sempre disponibile con i colleghi e con gli studenti.

Altissimo, quasi due metri di altezza che indubbiamente incutevano rispetto e a volte timore, con i capelli precocemente brizzolati che contribuivano comunque ad accrescere la sua autorevolezza, elegante e molto formale nei rapporti con tutti, aveva una strana voce in falsetto che strideva con l'aspetto fisico.

Tutti erano abbastanza certi che la crisi fosse stata determinata dalla morte della moglie, oltre tutto in quel modo abbastanza strano, ma ripercorrendo con maggiore attenzione l'evoluzione del suo stato di salute mentale, si resero conto che le sue stranezze erano cominciate molto prima dell'incidente.

Che quindi non poteva esserne la causa, semmai avrebbe potuto provocarne un aggravamento.
Ritennero necessario, oltre che doveroso, andare a casa del professore e verificare di persona il suo stato visto che non rispondeva al telefono.

Carlo del Campo, quale successore di Grimaldi nella cattedra e in qualità di amico più intimo non poteva che essere delegato all'incarico.
Certamente non facile anche perchè nessuno, a parte notizie frammentarie e indirette attinte dai vicini di casa del professore, conosceva esattamente il suo stato mentale.

Il professor Grimaldi abitava a Riva del Garda, a nord del Lago, circondato dal Monte Rocchetta da una parte e dal Monte Baldo dall'altra.

Una grande villa quasi sulla spiaggia, con i ciotoli bianchi davanti all'acqua azzurra.

Il parco della villa, se non proprio in stato di abbandono, dimostrava l'assenza di cura da tempo.

Prima della crisi, due giardinieri fissi provvedevano alla manutenzione del terreno e delle piante tenendo tutto in perfetto ordine.

Evidentemente e forse in coincidenza con il cambiamento del professore, non si vedevano più.

Carlo trovò il cancello della casa appena accostato, la chiusura e l'apertura erano state ultimamente affidate al vento.

Percorse il viale che una volta era affiancato da cespugli di piante sempre verdi ormai quasi rinsecchite e suonò il campanello davanti alla porta d'ingresso.

Senza nessuna risposta.

In genere, anche attraverso una porta si sente, ma non sentì alcun rumore, forse la corrente elettrica era stata staccata o mancava.

Non sapeva cosa pensare, era possibile che il professore non volesse aprire deliberatamente ma poteva anche star male.

Prese il cellulare per chiamare la polizia e fare abbattere la porta, gli sembrava una cosa logica, ma come se il suo pensiero fosse stato percepito, prima di completare il numero la porta si aprì.

La diagnosi psichiatrica è indubbiamente un procedimento molto complesso, i disturbi possono essere temporanei o cronici e comunque compromettono in modo più o meno grave la qualità della vita di chi ne è colpito e nei casi peggiori la vita della famiglia e di chi ha la sfortuna di stargli vicino.

Per valutarne l'effettivo grado occorrono valutazioni anamnestiche, test e colloqui clinici.

Nel caso del professor Grimaldi tutto questo era del tutto superfluo, a Carlo bastò un'occhiata per capire tutta la devastazione mentale che lo aveva improvvisamente colpito.
Sapeva pure perfettamente che raramente la malattia si manifesta improvvisamente e senza precedenti episodi che possano ricondurre al disturbo. A meno di una causa scatenante.

Che sarebbe potuta essere la perdita della moglie.

Ma i disturbi si erano manifestati prima dell'incidente, pertanto la causa doveva essere un'altra.

Ma quale ?

L'uomo che aprì la porta a Carlo aveva soltanto le sembianze fisiche di Grimaldi, che non potevano cambiare. Sembrava un altro essere che del brillante professore aveva ben poco.

La casa, un tempo arredata con mobili preziosi e ricercati era in stato di abbandono totale, la polvere copriva tutto e tutti i libri che facevano parte dell'ordinatissima biblioteca erano ammonticchiati a terra ed in parte bruciati, resti di pasti approssimativi si trovavano ovunque.

Gli oggetti, le foto di famiglia, una preziosa collezione di statuette bianche antichissime che rappresentavano i personaggi del presepio alle quali sembrava tenere moltissimo e tutto ciò che costituiva il corredo di quella abitazione un tempo bellissima, erano stati quasi tutti distrutti e i resti sparsi sul pavimento coperto di macchie sicuramente organiche.

Ma la cosa più strana che colpì Carlo fu una, ancora più evidente:
tutti i quadri, anche di autori famosi, erano stati rimossi e ordinatamente accatastati, sostituiti da stampe di diverse misure e provenienze, con un soggetto unico.

Le opere di Thedore Gericault, prevalentemente riproduzioni della sua opera più famosa:
la zattera della Medusa il cui originale è esposto al Louvre.

Il quadro trae spunto da un fatto di cronaca del 1816:
l'affondamento della nave francese Medusa.

Una parte degli occupanti della nave si rifugio' su una zattera che rimase in balia delle onde per settimane.
Fu un'esperienza terribile, la maggior parte di loro morì per la fame e per la sete, i superstiti, quindici su centoquarantasette, poi salvati da una nave di passaggio, sopravvissero grazie a spaventosi episodi di cannibalismo.

Il quadro, dunque, usa un episodio di cronaca per esprimere un contenuto preciso:
la vita umana in bilico tra la speranza e la disperazione.

E' proprio la tensione visibile nell'opera tra queste due forze opposte a dare il tratto drammatico alla scena.
Così deve vivere il dubbio dell'uomo che non sa quale sarà il finale:
la morte o la salvezza che lo aspetta.

... ( continua )..


Il QUIZ

Volete scoprire il colpevole ?
Volete partecipare al quiz ?
Nulla di più facile..
Uno di questi sarà il colpevole..
Basta inviare una email a: info@topbtw.com con il nome dell'assassino ed, ovviamente il vostro nome, cognome ed indirizzo..
I primi dieci che indovineranno il nome del colpevole avranno l'avventura di stare, per una giornata intiera, con l'editore di www.topbtw.com/
Ovviamente per parlare di letteratura, future collaborazioni, e di altre amenità del genere..
A loro assoluto rischio e pericolo..
L'incontro avverà a Mazara del Vallo - Sicilia - oppure altrove..
Quando e dove ?
Sarà la sorpresa svelata con l'ultimo episodio..
Buona lettura e.. buona caccia al colpevole!


( Eugenio Ardito )

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