CAPITOLO 2
Quello che restava del professor Grimaldi
era davanti a Carlo.
Nell'arcipelago della
psichiatria la figura, che alimenta
l'immaginario collettivo, la riflette
influenzando le modalità stesse della pratica
psichiatrica che dovrebbe interpretarla,
documentarne i segni e classificarli, quindi
individuare i segni della follia.
La rappresentazione fisica del professore, nei
pochi mesi trascorsi da quando non
frequentava più l'università, non
corrispondeva più a lui, sembrava essere
diventato più piccolo, aveva perso almeno la
metà del suo peso, aveva la barba bianca e
lunghissima, addosso una cosa che era stata
una veste da camera in velluto nero,
strappata e piena di macchie di ogni tipo.
Gli occhi, una volta profondi e gentili, avevano
una luce terribile, come se avesse assunto
delle droghe.
Ma c'era una assoluta discrasia
tra il suo stato fisico e la sua mente:
con la
consueta voce in falsetto, per nulla cambiata
e come se nulla fosse, accolse Carlo
gentilmente, gli chiese come stava e come si
trovava all'università dopo aver preso il suo
posto, spostò resti avanzati di cibo da un
divano e lo fece accomodare.
Gli chiese il
motivo di quella inattesa e gradita visita.
Poteva essere supposto uno sdoppiamento
della personalità, almeno questa fu la
diagnosi che a Carlo venne in mente per
prima.
Decise di proseguire la conversazione
su basi del tutto normali, come se lo
scempio presente non esistesse.
Discussero
tranquillamente di argomenti futili, di come
tutti sentissero la mancanza del professore
all'università, del suo matrimonio e del
rapporto con Jenny, dei soliti pettegolezzi
dei colleghi e di tutto ciò che compone un
dialogo tra vecchi amici che non si vedono
da tempo.
Tutto orribilmente normale.
Come a volte sembra la follia negli stadi più avanzati.
Grimaldi gli chiese se gradisse qualcosa da
bere, Carlo fu tentato di accettare per
vedere come si sarebbe comportato ma poi
decise di declinare l'offerta, disse che le sue
dimissioni erano dovute ai motivi che Carlo
conosceva benissimo.
Naturalmente Carlo
non aveva la minima idea a cosa si riferisse,
ma annuì con aria di complicità.
Una delle cose basilari nella psichiatria è
quella di assecondare sempre le asserzioni
del paziente.
Se poteva definirsi paziente
quello strano essere che era diventato il
professore.
Gli chiese se poteva aver
bisogno di qualcosa, di qualunque cosa, se
poteva ritornare a scambiare ancora con lui
quattro chiacchiere.
Poteva tornare quando
voleva, sarebbe stato felicissimo di discutere
ancora con lui.
Non aveva bisogno di nulla,
alle sue necessità pensavano le persone di
servizio e sua moglie.
Era chiaro che Grimaldi aveva urgente bisogno di cure e di
un ricovero, ma la sua follia era talmente
lucida che, al di fuori del contesto nessuno
avrebbe potuto dubitare del suo perfetto
stato mentale.
La discussione si era svolta con la massima
naturalezza, non sembrava che il professore
potesse costituire un pericolo immediato per
la sua salute o per quella degli altri.
Decise
di parlarne con i colleghi, non gli era mai
capitato un caso simile nella sua anche se
non lunga carriera.
Lasciò l'abitazione con
l'intesa che si sarebbero rivisti presto.
Ma
soltanto con lui, il professore non aveva
alcun desiderio di incontrare e vedere altri.
Cosa era accaduto, quale tipo di trauma
poteva aver devastato quella mente un
tempo brillante, si trattava di un caso
veramente difficile, come se una persona del
tutto normale, quasi normale, avesse
deliberatamente deciso di vivere in quello
strano modo.
Circondato da sporcizia,
devastazione degli oggetti materiali, ma
all'interno di una assoluta lucidità di
pensiero.
Walter Veronese aveva deciso di fruire di
qualche giorno delle sue ferie arretrate, per
dedicarsi con maggiore libertà a quella che
era la sua passione, molto di più che un
hobby:
l'archeologia.
Ma non a caso, aveva
da tempo in mente l'idea di visitare delle
grotte nascoste alla vista di tutti nel
territorio e la cui esistenza era nota a lui
soltanto.
C'erano, tra l'altro, delle antiche
leggende in merito a certe case
abbandonate dove si sarebbe dovuto trovare
la traccia di un antico segreto relativo al
popolo etrusco.
E come ogni buon
archeologo Walter era convinto che alla base
di ogni leggenda si nasconda qualche verità.
In prossimità di Bogliasco, un paese del
Lago di Garda in provincia di Brescia
esisteva una casa abbandonata, a picco sulla
costa.
Si raccontava che durante le notti,
certe notti, si sentivano delle voci e alle
finestre si vedeva il chiarore di candele.
Una
notte, il 2 marzo del 1963, alcuni ragazzi
entrarono nella casa, scesero le scale che
portavano nella cantina, alla luce delle
candele, e trovarono la statuetta di un nano
e successivamente, dietro una grossa botte,
delle statuette bianche rappresentanti i
personaggi del presepio.
Ripresero tutto con
una macchina fotografica.
La mattina del 3 marzo, non vedendo
ritornare i ragazzi, i genitori avvertirono i
carabinieri che avviarono le ricerche.
Si
pensò subito alla casa abbandonata, i
carabinieri trovarono uno scenario
indescrivibile:
tutti i mobili e tutti gli oggetti
erano distrutti e tutti i libri che facevano
parte della libreria strappati, in parte
bruciati e riversi sui ragazzi.
Dei sei, quattro
erano in fin di vita, due in uno stato
confusionale.
Di loro non si seppe più
niente.
Si trovarono delle vecchie foto dove
a malapena si intravedevano delle statuette
bianche.
Fu sviluppato il rollino dei negativi
della macchina fotografica dei ragazzi che
confermarono la presenza delle statuette.
Ma delle statuette non si trovò alcuna
traccia.
Una delle cose riguardanti la civiltà etrusca
che lo interessava maggiormente era la
simbologia e una in particolare:
la svastica,
un simbolo sacro con valenze positive poi
stranamente adottata dal nazismo con
valenze del tutto diverse.
Per gli etruschi il
simbolo riguardava il "Sole Ruotante" il cui
ciclo permetteva il perpetuarsi della vita.
Per quale motivo il simbolo era stato adottato
con motivazioni stravolte ?
Un mistero che
aveva deciso di scoprire.
Era un venerdì di luglio del 2005.
La Range
Rover sport di Walter lasciò la villa alle
prime luci dell'alba, con l'equipaggiamento
completo da speleologia.
Come sua
abitudine aveva avvertito gli amici, Carlo e
Luisa, di quello che si accingeva a fare e di
dove stava andando.
L'itinerario che però
aveva comunicato era molto approssimativo,
il luogo era segreto e così voleva che
rimanesse.
Walter amava il mistero, i luoghi
capaci di stupire di fronte all'ingegno dei
nostri antenati, tra culti passati, divinità
arcaiche, dubbi da archeologi.
Esiste una
rete di strade e di passaggi scavati nel tufo
larghi 30 metri e lunghi un chilometro e
mezzo.
In alcuni casi l'altezza raggiunge 25
metri.
La data delle costruzioni, in una zona
governata dagli etruschi, risaliva al V secolo
a.C.
La domanda era:
come hanno fatto gli
etruschi a scavarle con i mezzi che avevano
a disposizione ?
A cosa servivano e dove
conducevano le strade ?
Walter era certo
che conducessero alle necropoli, alle tombe
che rappresentavano le abitazioni per la vita
eterna.
Perchè oltre ai simboli sacri, tra i
quali la svastica, si incontravano a distanze
equivalenti delle nicchie sicuramente di
origine medievale dette "scaccia diavoli" ?
Storie inquietanti, si diceva che chi
percorresse quelle strade non potesse più
tornare indietro.
Lasciò l'auto vicino
all'ingresso dei camminamenti, con il
telefono cellulare acceso dentro.
Una
precauzione per essere eventualmente
rintracciato.
Le storie strane non si sa mai
dove finiscono.
All'ingresso si respirava
un'aria ricca di magnetismo, si potevano
toccare dimensioni spazio-temporali ormai
perdute.
Molti testi poco conosciuti che
parlavano di quei luoghi facevano un preciso
riferimento ad un segreto di portata inaudita
celato tra le tombe della necropoli
principale.
Qual'era questo segreto, a cosa
poteva riferirsi ?
Walter intendeva scoprirlo.
Erano anni che aveva in mente di compiere
quell'esplorazione, di percorrere quei
sentieri sconosciuti, per un motivo o per
l'altro non ne aveva avuto la possibilità.
Fino
a quel giorno.
C'era un passaggio stretto e subito dopo un
cunicolo che si doveva percorrere carponi,
dopo uno spiazzo aperto e un altro cunicolo
che si percorreva abbastanza agevolmente.
Il percorso era complicato e poteva essere
difficile trovare la via di ritorno, Walter
agganciò ad una sporgenza il "filo d'Arianna"
un rotolo di corda flessibile e sottile
utilizzato dagli speleologi per non perdersi.
Dopo il cunicolo un passaggio strettissimo
addossato ad una parete e sotto un fiume e
una piccola cascata.
Era certo che nessuno
prima di lui, almeno in tempi recenti, era
entrato in quei posti.
Erano abbastanza
spaventosi e avrebbero scoraggiato
chiunque.
Camminò lungo la stradina
aggrappandosi alle sporgenze della parete
per non cadere sotto nel fiume.
Sarebbe
stata la fine.
Al termine dello stretto
percorso, a destra, degli scalini scavati nella
pietra, ormai era deciso ad andare avanti.
Li salì, erano sette e molto scivolosi.
Un altro
spiazzo, l'ennesimo, e alla fine un lungo
corridoio.
La torcia si era scaricata ma aveva
una serie di batterie di riserva.
Alle pareti
del corridoio una serie di bassorilievi che
raffiguravano probabilmente delle divinità.
Il corridoio si interruppe bruscamente dopo
una leggera curva, era chiuso da un muro di
mattoni.
Fu abbastanza facile sgretolarli e
aprirsi un passaggio.
Forse verso l'ignoto.
Altri scalini questa volta in discesa, un altro
spiazzo con una colonna in mezzo e con un
bassorilievo raffigurante ancora la svastica.
Si appoggiò alla colonna e vide che si
muoveva, doveva essere un antico
meccanismo per aprire qualche parete.
Era
proprio così.
La ruotò prima in un senso e
poi nell'altro, la parete davanti a lui girò su
cardini di ferro.
Chissà da quanti millenni
quei cardini erano rimasti inattivi.
Dietro la
parete una grotta, entrò con un po' di paura,
e se la parete dietro di lui si fosse richiusa ?
Alle pareti della grotta, delle candele in
parte consumate infisse nel muro.
Le accese, le pareti si illuminarono
evidenziando un colore blu cobalto, uno
scenario spettacolare.
Doveva essere un
luogo di culto.
A sinistra una parete a
strapiombo sul fiume, doveva essere lo
stesso che aveva visto prima.
Al centro una
barca funeraria, più che un fiume sembrava
un laghetto, addossate alla parete una serie
di piattaforme, come dei gradini che davano
sul nulla.
Con un po di attenzione e di
equilibrio si poteva scendere, sentì di essere
vicino al segreto celato, sentì che quel
percorso infernale era stato realizzato e
pensato per una persona particolare, in
grado di superare difficoltà impensabili, con
una sufficiente dote di coraggio,
determinazione e, più di tutto, incoscienza.
Altrimenti non avrebbe avuto alcun senso.
La barca funeraria era collegata alla riva con
una fune, la tirò a se ed entrò nella barca
sperando che non affondasse.
La barca
custodiva un sarcofago di legno sigillato.
Aveva con se gli attrezzi adatti, forzò il
sarcofago pensando che non avrebbe dovuto
farlo.
Ma nessun archeologo avrebbe potuto
resistere alla tentazione di aprire il
misterioso oggetto per vedere cosa
contenesse.
A costo di subire la maledizione
di qualche idolo del tempo passato.
Nessun corpo mummificato, nessuno scheletro, il
sarcofago conteneva soltanto un manufatto
rettangolare di circa 50 centimetri, costituito
da un impasto indurito di terra ed acqua con
delle iscrizioni da una parte e la svastica
dall'altra.
La svastica era un simbolo sacro per gli
etruschi, come per altre civiltà, ma aveva
una diffusione molto superiore nelle
raffigurazioni, si trovava quasi ovunque.
Doveva pur esserci un motivo razionale. La
svastica, dal sanscrito "apportatore di
salute" oppure "Crux Gammata" in quanto i
suoi uncini ricordano la quadruplicazione
della lettera G dell'alfabeto greco, ha
un'origine probabilmente più antica del
popolo etrusco, fu scelta come simbolo del
nazismo in relazione ai significati esoterici
attribuitele nel tempo.
Probabilmente Hitler
la vide per la prima volta da bambino nei
portali di un monastero nel piccolo borgo di
Lambach, in Austria, dove visse.
Apparve
comunque prima come simbolo araldico
della THULE-GESELSHAFT, voluta dal barone
Glauer Sebbottendorff, fondatore della
Thule.
Nell'erronea convinzione dell'origine
indoeuropea e ariana del simbolo.
Hitler era affascinato dall'idea che gli ariani fossero
semidei, odiava gli ebrei e il suo odio nei
loro confronti nasceva da un suo personale
sillogismo:
La svastica era il sole e gli ebrei
adoravano la luna.
Erano quindi nemici degli
ariani.
Il nero, il rosso e il bianco erano i
colori ufficiali del vessillo nazista e i colori
sacri dell'alchimia.
Milioni di morti nel nome
di surreali conoscenze esoteriche, per di più
errate.
Nell'anno 1354 Nicolas Eymerich, inquisitore
generale del regno d'Aragona è costretto a
seguire il re Pietro IV in Sardegna per
soffocare la rivolta di Mariano, giudice
d'Arborea.
Nel xx secolo lo psicologo
austriaco Wilhem Reich afferma di aver
scoperto una nuova forma di energia
naturale l'"Orgone".
Nel 1934 Reich, in
occasione di un congresso in Svizzera, viene
espulso dall'associazione internazionale di
psicologia per una serie di reati e rinchiuso
in una cella che periodicamente si trasforma
in un luogo onirico popolato da apparizioni
mostruose.
In una di queste occasioni
incontra Nicolas Eymerich, l'inquisitore, che
gli racconta della sua permanenza in
Sardegna, dell'assedio di Alghero e della
conseguente fuga di Mariano.
In una
caverna sotterranea, detta grotta di
Nettuno, dove si venera la divinità pagana
"Sardus Pater", gli racconta di un'energia
miracolosa, un fascio di luce blu, che ha il
potere di rigenerare i tessuti umani e quindi
assicurare la vita eterna.
Questo sogno, o
incubo, è alla base dell'energia orgonica di
Reich.
Qualcuno, centinaia di anni prima, aveva
effettuato lo stesso percorso di Walter,
anche in luoghi diversi e con caratteristiche
simili, ed era giunto a conclusioni
demoniache, la luce blu probabilmente era il
colore della grotta illuminata dalle candele
alla quale non aveva posto particolare
attenzione, presente pure in Sardegna.
Ma perchè l'ignoto visitatore non aveva portato
via la tavoletta di argilla ?
Non l'aveva
trovata o qualche altra iscrizione consigliava
di non toccarla ?
La tavoletta rinvenuta
all'interno del sarcofago doveva essere
decifrata, cosa che richiedeva tempo e
conoscenza della simbologia etrusca.
Il rettangolo non era molto pesante, facendo
la massima attenzione Walter ripercorse
all'indietro la strada, senza il filo d'Arianna
sarebbe stato impossibile o difficilissimo,
l'auto si trovava a pochi metri, era esausto
ma felice.
Per il successivo week-end pensò di invitare
gli amici:
Carlo con Jenny e Luisa Castelli.
Voleva informarli della sua scoperta.
Dopo
aver decifrato i segni scolpiti sul manufatto
etrusco avrebbe informato il mondo
accademico.
Ma non era un'impresa facile.
Ognuno portò qualcosa, Carlo e Jenny il vino
e le birre ghiacciate nel contenitore termico,
Luisa, che aveva origini siciliane, una
quantità industriale di maccheroni alla
Norma:
sugo fresco di pomodori, melanzane
fritte, basilico e ricotta salata.
Walter aveva
pensato alle bistecche e preparato il
barbecue.
Luisa Castelli era laureata in
biologia e lavorava all'università come prima
assistente del professore titolare della
cattedra di chimica.
Abitava da poco presso
un B&B sul Lago ma aveva l'intenzione di
restare definitivamente a Riva del Garda ed
era alla ricerca di un appartamento da
acquistare.
La sua famiglia era benestante e
i mezzi finanziari non le mancavano.
Non era bellissima ma molto attraente, un
personale minuto e asciutto, i capelli
nerissimi, gli occhi grigio chiaro.
Era sempre
abbronzatissima per via dello sport
maniacalmente praticato, il tennis, il body
building e in modo particolare lo sci d'acqua.
Non era difficile vederla, anche in pieno
inverno, trainata da una barca velocissima,
compiere figure acrobatiche degne di
campioni della specialità.
Aveva partecipato
al Campionato Italiano piazzandosi al terzo
posto e precedendo professionisti del
settore.
Aveva avuto una relazione con un
ragazzo qualche tempo prima, poi il ragazzo
si era dimostrato eccessivamente geloso,
aveva pure una certa abitudine all'alcool e
quando beveva diventava pericolosamente
violento.
Dopo l'ultima lite Luisa aveva
deciso di interrompere un rapporto che
diventava sempre più difficile.
All'inizio il
ragazzo non voleva accettare quella
conclusione e aveva cominciato ad
infastidirla, poi, improvvisamente, aveva
modificato il proprio atteggiamento.
La storia sembrava definitivamente chiusa e
Luisa era ridiventata felicemente single.
Pur
se non era ancora del tutto tranquilla.
In attesa che il fuoco del barbecue si
accendesse del tutto decisero di fare un
bagno in piscina, il sole era pallido ma
faceva caldo, poi Walter risalì e dopo essersi
asciugato entrò a casa per prendere il sale e
l'origano, la televisione del salone era
rimasta accesa e trasmise una notizia
agghiacciante:
a poca distanza della villa,
nei boschi che la circondavano, nel corso di
una passeggiata con il suo cane un uomo
aveva visto i cadaveri di due donne e aveva
avvertito subito la polizia.
... ( continua )..
Volete scoprire il colpevole ?
Volete partecipare al quiz ?
Nulla di più facile..
Uno di questi sarà il colpevole..
Basta inviare una email a: info@topbtw.com con il nome dell'assassino ed, ovviamente il vostro nome, cognome ed indirizzo..
I primi dieci che indovineranno il nome del colpevole avranno l'avventura di stare, per una giornata intiera, con l'editore di www.topbtw.com/
Ovviamente per parlare di letteratura, future collaborazioni, e di altre amenità del genere..
A loro assoluto rischio e pericolo..
L'incontro avverà a Mazara del Vallo - Sicilia - oppure altrove..
Quando e dove ?
Sarà la sorpresa svelata con l'ultimo episodio..
Buona lettura e.. buona caccia al colpevole!