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ref:topbtw-400.html/ 25 Luglio 2016/A


" TERTIUM NON DATUR "

" Perché la terza via..non esiste "


L'incommensurabile fortuna di non votare alle elezioni presidenziali negli USA comporta il privilegio di non dover scegliere tra un clownesco miliardario cotonato, col suo contorno di Barbie importate dall'Europa orientale, ed una vecchia gallina bollita che pilucca da venti anni nei cortili della White House, intossicata da una sete per il potere inteso come appannaggio dinastico.

Cinici, ambiziosi, bugiardi e soprattutto falsi come le loro chiome riverniciate di fresco con tinture all'ingrosso, sono i protagonisti plastificati, i gemelli diversi che si agitano tra i festoni kitsch di una democrazia al silicone, nella grande recita elettorale al teatro degli inganni per l'alchimia del potere.

Non lasciatevi ingannare dalle reciproche provocazioni e dai toni apparentemente esagitati...
Tutti e due gli attori fanno parte di una grande famiglia allargata...

La storia americana è piena di esilaranti cialtroni ed imbarazzanti coglioni, pericolosi sociopatici e stralunati minchioni, spesso e volentieri eletti alle massime cariche dell'Unione.

Né sono mai mancati gli aspiranti tali, nell'abbondanza di materia prima della quale la Terra delle Opportunità eccelle da sempre.

Non lasciatevi perciò impressionare dagli exploit fascistoidi di un Trump, che senza le sue sparate cesserebbe di esistere come personaggio mediatico.

Se davvero vi preoccupate di questo energumeno con una donnola morta incollata sulla testa, allora non avete mai sentito parlare di George Wallace.

Al netto delle sue sbruffonate da duro del Roadhouse che ne marcano la differenza dai suoi omologhi, il miliardario newyorkese non è poi così al di fuori dai canoni classici del pensiero politico americano, che resta lontano anni luce dagli schemi analitici (ed ideologici) degli Europei i quali infatti continuano a guardare al fenomeno con lenti deformate.

In prospettiva, a modo suo, Donald Trump riprende in parte diversi aspetti della visione "jeffersoniana" della democrazia americana, specialmente in quella che è la sua componente più populista, mutuandone la carica isolazionista e la polemica contro i poteri della finanza, se non fosse che le libertà civili non rientrano esattamente tra le preoccupazioni fondamentali di Trump.


" Thomas Jefferson "

"Il jeffersonismo è una tendenza molto particolare della politica americana, non ben compresa all'estero.

I suoi seguaci vorrebbero che il resto del mondo diventasse più democratico, ma non si aspettano questo, e soprattutto non pensano che sia compito degli Stati Uniti imbarcarsi in un'impresa così impegnativa per favorire tale processo.

Il nucleo di questa dottrina consiste nella celebrazione dei caratteri unici e impareggiabili della società americana, valori che vanno difesi principalmente all'interno, non all'estero.

Essa è in contrasto con la tendenza hamiltoniana e con quella wilsoniana, da sempre predominanti fra i massimi esponenti della politica estera americana;
e travalica le frontiere ideologiche e politiche, annoverando fra i suoi sostenitori, ad esempio, sia Ralph Nader che Pat Buchanan.

Non è dunque circoscritta alla sinistra, tant'è vero che a livello istituzionale potrebbe trovare il suo più convinto portavoce nel Cato Institute.

I jeffersoniani hanno a cuore le libertà civili tenute tradizionalmente in alta considerazione negli Stati Uniti e sono favorevoli a una limitazione dell'intervento pubblico nella vita dei cittadini allo scopo di salvaguardare questi diritti.

Né vedono di buon occhio uno stretto rapporto fra grandi imprese e governo sia in politica interna che in quella estera.

[...] I jeffersoniani sono gli stalinisti della situazione, che puntano sulla "democrazia in un solo paese", poiché ritengono già difficile salvaguardarla in patria, e sono molto scettici sulla possibilità di esportarla con successo all'estero.

I jeffersoniani cercano di difendere le prerogative del Congresso in politica estera, poiché guardano con profondo sospetto gli instancabili tentativi dell'esecutivo di espandere i poteri del governo federale.

Ma oltre ad essere restii ad assecondare questa tendenza, sono ancor più avversi a cedere la sovranità ad istituzioni internazionali inaffidabili quali l'ONU e la NATO.

E sono quasi sempre recalcitranti a firmare trattati che limitino la libertà d'azione dell'America in campo internazionale.

Per loro la guerra è un flagello, poiché quasi invariabilmente porta a un'estensione dei poteri del governo federale, spesso per cause di dubbio valore.

Onde evitarla, bisogna dunque circoscrivere il più possibile la sfera degli interessi americani, così da limitare al massimo i possibili contenziosi con altri Stati."

"Quello che gli europei non capiscono di noi"
di David M. DICKEY e John C. Hulsman
Limes (20/06/2004)


" Alexander Hamilton "

Ma se Donald Trump è pessimo, Hillary Clinton è persino peggiore.

Nella candidata 'democratica' si ritrovano tutte le tradizionali tendenze della "democrazia wilsoniana", che poi con le sue presunzioni missionarie è una forma di interventismo estremo dalle venature neo-coloniali e solitamente velato da eleganti eufemismi tipo "il diritto all'ingerenza umanitaria", che nell'Era dei Bush si trasforma più apertamente in "esportazione della democrazia" in ottemperanza a quelle influenze "hamiltoniane" che sono maggioritarie nel neo-conservatorismo repubblicano e che pure ritornano nella politica estera propugnata dai coniugi Clinton.


" Kabuki "

Diversamente da quella jeffersoniana o jacksoniana, la tradizione hamiltoniana è uno dei capisaldi delle teste d'uovo della politica estera americana.

Come nel caso delle altre due tendenze repubblicane, i suoi seguaci condividono un punto di vista basato sull'interesse nazionale, nella ferma convinzione che anche gli Stati Uniti devono agire tenendo conto delle loro risorse.

E, contrariamente alle due scuole di pensiero sopra menzionate, hanno molto a cuore il benessere del paese, in quanto ritengono che la potenza economica sia almeno altrettanto importante di quella politica e militare.

E che gli scambi commerciali e l'interdipendenza creino le condizioni per la pace nel mondo.

Al pari dei fondatori dell'Unione, riconoscono che l'umanità è avida e litigiosa e ritengono che un equilibrio di forze, sia pur moralmente difficile da accettare, sia il miglior mezzo per difendere gli interessi americani.

La loro preoccupazione principale è l'ascesa di una potenza rivale egemone, per cui considerano che i benefici derivanti dagli scambi commerciali internazionali siano un mezzo efficace per far accettare agli altri paesi il predominio americano, condividendo la prosperità economica.

Come i wilsoniani, anch'essi sono favorevoli all'uso delle istituzioni internazionali, ma solo perché convinti che ciò consenta all'America di stabilire le regole cui la comunità internazionale dovrà attenersi.

Non per caso, furono favorevoli agli accordi che diedero vita alle istituzioni finanziarie di Bretton Woods (come la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale), proprio perché furono soprattutto gli americani a formularne gli statuti costitutivi.

Per analoghe ragioni, gli hamiltoniani sono fortemente favorevoli alla partecipazione dell'America alla Nato, in quanto essa rimane la forza predominante nel mondo multilaterale, dotata di un costante sostegno da parte degli alleati.

Il loro motto è dunque:
chi fissa le regole del gioco vince.

Anche se rimangono internazionalisti fin tanto che questa posizione torna a vantaggio degli interessi degli Stati Uniti."

"Quello che gli europei non capiscono di noi"
di David M. DICKEY e John C. Hulsman
Limes (20/06/2004)

Il supercafone col riporto che pare appena uscito da una spaghettata con Tony Soprano è il Facciatosta assolutamente speculare a questa versione femminile del Dottor Sottile, perché entrambi sembrano usciti da una commedia di Ben Jonson, dove la farsa può declinare rapidamente in tragedia.

Come in ogni rappresentazione che si rispetti, serve un villain che non deve essere convincente bensì connivente, coi suoi tratti caricaturali assolutamente esasperati...

Insomma una specie di mascherone kabuki che si agita davanti ai fondali di cartapesta, per impressionare il pubblico ed attirare i "pavoncelli da mettere allo spiedo".

Ma alla fine è il Dottor Sottile che fa la differenza e rende possibile l'inganno...


( Sendivogius )

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