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Il Racconto della Domenica - 4 Settembre 2016 -
Ottavo episodio di: " Il caso Veronese " -

Dopo aver eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità..
Sherlock Holmes

CAPITOLO 8

TERZA PARTE

Jenny era assolutamente convinta che il bandolo della matassa si trovasse nell'ambiente universitario.

Il suo modo di pensare si era trasformato in un mix tra la psichiatria e l'indagine criminale.
La profilazione, come era in uso chiamarla dopo l'arrivo di Renato Rocchi.

Benissimo, era una sfida e doveva essere accettata.

Una sfida con se stessa.

La Procura l'aveva destinata all'ufficio speciale per le indagini insieme a Carlo ed agli altri.

Quindi poteva fruire, quanto meno per le operazioni materiali, di tutto lo staff impegnato nella ricerca.

Comunicò a Carlo la sua intenzione e gli chiese di tracciargli un profilo completo del professore, aveva lavorato fianco a fianco con lui per anni. Qualcosa doveva sapere.

O intuire.

Tutto si stava concentrando su di lui per un motivo evidente:
era l'unico ad essere arrivato vicinissimo all'interdizione del mostro.

Anche se aveva pagato con la sua vita.

Il professore era nato a Roma, aveva quasi cinquant'anni quando si era dimesso per evidenti motivi di salute.

Si era specializzato in sociologia all'università di Heidelberg, in Germania, aveva insegnato a Mannheim e all'università di Aberdeen UK.

Poi era rientrato in Italia passando per le università di Firenze e Torino, per finire la sua carriera a Milano con la cattedra di psichiatria.

Una carriera brillante, accentuata dai testi che aveva pubblicato. I suoi giri nel mondo rendevano però impossibile valutare le sue conoscenze e gli incontri avuti.

Il campo di indagine doveva essere ristretto, pure se un'informativa era stata richiesta a tutte le facoltà universitarie nelle quali si era trovato.

L'attesa di una risposta sarebbe stata lunga e Jenny oltre tutto non sperava di ricevere notizie interessanti ai suoi fini.

Si era sposato a trentacinque anni ma della moglie si sapeva poco.
A parte il fatto che non amava partecipare ai diversi congressi medici dove le mogli in genere seguivano i mariti.
Poi quello stranissimo incidente, sul quale Jenny concentrò la sua attenzione.

Ma senza ricavare nulla di essenziale però.
A parte l'incidente che non aveva particolari anomali, la vera stranezza era la velocità dell'auto.

Secondo l'opinione di tutti la signora guidava benissimo ma sempre piano.
Cosa l'aveva spinta quel dannato giorno e compiere una cosa che non aveva mai fatto ?

Stava fuggendo da qualcosa o la sua mente era completamente alterata da qualche episodio che poteva averla turbata a quel punto?

Un interrogativo purtroppo senza risposta.

Non restava che interrogare tutti gli allievi del professore, quelli dell'anno accademico in corso e quelli che si erano laureati negli anni precedenti.

Un impegno non da poco.

Senza contare quelli che avevano abbandonato il corso di laurea.

Dello stato mentale del professore Carlo aveva parlato anche troppo, non c'era più nulla da sapere.
Sarebbe stato interessante capire quello che improvvisamente gli era accaduto e che aveva provocato quella gravissima alterazione.

Ma ormai era troppo tardi.

Nessuno era a conoscenza di fatti gravi o anomali che potessero aver inciso sulla sua mente.

Alla luce dei fatti Carlo si pentì di non averli accertati, ma non poteva prevedere quello che sarebbe accaduto dopo.

A parte tutto questo, anche se non era poco, la vita del professore era trascorsa nel rispetto delle regole e dei formalismi.

Nessuna strana o discutibile amicizia, o frequentazione, gli poteva essere addebitata.

Ma il fatto era indiscusso.
Aveva scoperto l'identità del mostro.
E in pochissimo tempo.
E senza disporre di strumenti d'indagine più o meno sofisticati.

Aveva usato soltanto la mente per arrivare a deduzioni che dovevano essere logiche.

Erano passati solo pochissimi giorni dall'incontro con Carlo e con Renato Rocchi, solo da quel momento gli erano stati rivelati tutti i particolari dei delitti, che ancora non conosceva nei dettagli.
Forse.

Jenny mi ha confidato che ha deciso di condurre indagini personali sui fatti e sul professore in particolare.

Non posso e non voglio impedirlo, anche lei ne ha facoltà in funzione dell'incarico della Procura, pure se non specificato.

E poi ogni aiuto in questo momento è gradito, anzi indispensabile. Conosco il suo curriculum, che fa parte della documentazione della Procura su tutti quelli più o meno indirettamente incaricati di collaborare con gli investigatori.

È di assoluto prim'ordine quindi non può che produrre risultati apprezzabili.

Poi io credo fermamente e sinceramente sull'intuito femminile. Il professore.

Ho la sensazione che tutto giri intorno alla sua personalità.
Sui suoi contatti, sulle sue intuizioni alle quali noi non siamo arrivati.
Naturalmente per "noi" intendo tutta la squadra investigativa schierata da mesi a Riva.

Elementi di assoluta e provata professionalità che hanno risolto casi spinosi.
Pure se non al livello in cui siamo.

Poi Walter, con le sue trame esoteriche, anche su quelle devo riflettere a fondo.
E senza aspettarmi collaborazione da parte degli altri, è gente troppo inquadrata per accettare ipotesi investigative di questo genere.

Io ne ho viste e sentite di tutti i colori per tralasciarle con un'alzata di spalle.
Il sigillo con la svastica che dovrebbe provocare lo scoperchiamento dell'inferno.

Non si può dire che non sia stato scoperchiato, prima con la guerra e oggi con quello che sta accadendo qui.

Devo fare uno sforzo immaginativo, forzare il buon senso e la razionalità che mi sono state insegnate e alle quali mi sono sempre ispirato nella mia attività.

Tutti i discorsi che abbiamo fatto, sia in ufficio che a casa di Walter sono stati registrati, per evitare che qualcosa sfuggisse e per risentirli al momento opportuno.

Accendo il registratore portatile soffermandomi sugli interventi di Walter, sui sui racconti, per la verità sempre dettati da professionalità e senso della realtà.
Pur se con inevitabili riferimenti al mondo arcano.
Che nessuno in realtà, a parte sofismi intellettuali, può dire di conoscere.
Mi riferisco ovviamente non ad ipotetici poteri magici e diabolici di un oggetto, bensì alle ricadute che l'oggetto potrebbe avere su una mente debole e deviata per proprio conto.

Forse questo intendono i graffiti sulla tavoletta trovata da Walter:
un oggetto può evocare comportamenti perduti nel tempo e resi attuali da deformazioni mentali indotte.

E così che si scoperchia l'inferno ?

A volte il male si nasconde nei modi e nelle apparenze più impensate, è possibile che antichi personaggi, maghi o qualunque cosa fossero, avessero previsto di indurre delle persone, a distanza di millenni, a compiere azioni diaboliche ?

Ripenso alla Thule e al potere mentale che esercitò su Hitler e sul nazismo.

La sua storia è presente in tutti i trattati di criminologia, Hitler non nacque con i tratti mentali del criminale, lo diventò dopo, forse amplificando le sue naturali tendenze.
Ma qualcosa influì in modo determinante sulle sue azioni malvagie e diaboliche, qualcosa che potrebbe essere ricollegata alla svastica e quindi alla società Thule.
Non sempre si può credere a quanto la realtà stessa sia agghiacciante, la follia messa in pratica, tutte le crudeltà che ha realizzato, non sarebbero state possibili senza lo stimolo della fusione mitologica ed esoterica:
la Thule, composta da personaggi che compivano riti magici in luoghi oscuri, lontani dagli occhi di tutti.

Prendevano spunto dai cavalieri templari, convinti di aver fondato un nuovo ordine religioso.

Il luogo di riunione della Thule era il castello di Wewesburg, gli iniziati costituivano una setta di ricercatori di reliquie che avrebbero consentito il dominio, attraverso riti di iniziazione diabolici.

Le ricerche si concentrarono verso il sud della Francia a Montsegur, sotto la regia di Otto Rahn, influenzato dall'eresia dei catari che sarebbero stati in possesso di un segreto di incredibile importanza e valore.

Himmler inviò una delle truppe più pericolose dell'intera divisione nazista:

il Das Reich, che compì un massacro uccidendo, il 10 giugno del 1944, 642 persone tra cui oltre 200 bambini.
Per la brama di possedere quello che era considerato il vero oggetto del potere.

Si può trovare un'assonanza con gli oggetti portati alla luce da Walter?

In realtà tutto è cominciato dopo.

È una coincidenza o sussistono serie basi d'indagine?

Chi ha visto il sigillo dopo Walter per la prima volta?

Se devo dare credito a questa ipotesi è da qui che devo iniziare.

Chiederò a Walter appena lo vedo.

Anche se in realtà lui è stato il primo, ma non può essere l'autore delle stragi, avrei potuto sospettarlo ma è stato sempre in compagnia di altri.
Verificare gli alibi.

Di tutti.

Quando e dove è stato commesso il primo dei delitti?

Rivedo le annotazioni:
la sera o la notte del 19 luglio, nel bosco vicino la villa di Walter, quando la TV trasmette la notizia Walter è insieme ai suoi amici a casa sua.

Ma dove si trovava la sera prima?
È lui il mostro?
Mi sento di escluderlo tassativamente.
Ma il dubbio rimane.
Accertare.

Carlo e Jenny, sono sempre insieme, uno dei due è il mostro.
O tutti e due.

Luisa è una delle vittime.

Oltre Walter loro sono le prime persone ad aver visto l'oggetto.

Mi rendo conto di percorrere strade grottesche. Vedo assassini ovunque.
Annullo i miei pensieri.
Ricominciare daccapo.

Jenny si stava concentrando sulle conoscenze del professore, parecchi colleghi oltre ai suoi studenti.

Aveva richiesto di sentire tutti quelli che avevano avuto motivo di frequentarlo oltre ai laureati degli anni precedenti.

Gli investigatori procedevano negli interrogatori a ritmi serrati, ma fino a quel momento non era emersa la sia pur minima traccia di un coinvolgimento da parte di tutte le persone sentite.

Ne mancavano però ancora molti.

Aveva l'impressione di percorrere una strada senza vie d'uscita, per di più costringendo un numero consistente di investigatori ad effettuare azioni che avrebbero potuto portare a nulla.

Ma che altro poteva fare se non continuare con la sua idea, che riteneva ancora attendibile.
Aveva ascoltato con attenzione le ipotesi di Walter e aveva capito che Renato gli attribuiva una certa consistenza ma le sembrava una via che non avrebbe portato a niente.

Solo a perdere tempo prezioso.

L'assassino, il mostro, doveva avere caratteristiche e comportamenti umani anche se deviati.

Non poteva essere una specie di fantasma evocato da strani oggetti del passato.

Pure se del fantasma sembrava avere le caratteristiche, infatti agiva di notte e scompariva nel nulla.

E se fosse stato vero?
Ricacciò il pensiero nell'interno più nascosto della sua mente.

Non era accaduto più nulla da molti giorni, provò a contare le vittime, dunque:
due, le prime, verso fine luglio nel bosco vicino la casa di Walter, poi l'uomo sulle rive del lago, la donna nella stradina della periferia di Riva, l'uomo ancora sulla riva, due, un uomo e una donna dentro il lago, il turista ad Arco, l'uomo nell'angolo di via Pascoli e viale Cottoni, la donna ancora sulla riva, altri due sempre sulle rive e poi Luisa, rapita vicino al Supermercato.

In totale 14 morti ammazzati e in poco tempo.
Non male come media.

Era a casa, aveva lasciato l'ufficio per fare una doccia.
Mentre pensava a tutte le vicende.

Poi una folgorazione improvvisa, come qualcosa che si trovava dentro di lei e cercava di uscire, di farsi notare.

Come era possibile che nessuno ci aveva pensato prima.

Non poteva esserne sicura ma in quel momento era l'ipotesi più logica, più attendibile.

Anche se bisognava capire il modo e il motivo.

La sua consueta freddezza l'aveva abbandonata di fronte a quell'idea folle, stava tremando e non si sentiva di guidare fino all'ufficio.

Telefonò e parlò direttamente con Renato, gli disse che aveva avuto un'idea.

Da verificare tutta ma abbastanza concreta.

Sto parlando con il Procuratore capo che mi chiede a che punto sono le indagini.

Cosa posso rispondere:
stiamo facendo del nostro meglio, la soluzione è vicina.

Mento spudoratamente.

Il suono del cellulare interrompe fortunatamente quella penosa discussione.

Devo riattaccare.
E' Jenny, la prego, anzi le ordino di restare ferma a casa.

L'avrei raggiunta immediatamente.

La richiamo dall'auto che procede velocissima con lampeggiante e sirena.

La casa non è molto vicina all'ufficio.

Impiegheremo mezz'ora buona.
Il ricordo di quello che è accaduto a Grimaldi mi sta torturando, non riesco a toglierlo dalla mente anche se mi rendo conto che è un pensiero irrazionale, premo un acceleratore immaginario.

Le dico di chiudersi dentro, non so se mi ha sentito, la sirena fa un rumore infernale.

Salgo i gradini a quattro a quattro, la porta è aperta.

Come mai?
Quello che temevo è successo, anche se non capisco assolutamente come. Jenny è davanti a me, la testa staccata dal corpo.

Sono costretto a guardare i suoi occhi che hanno filmato la scena finale.

Hanno un'espressione come di incredulità.
Forse è la mia sensazione.

Sono disperato, mi sembra di non capire più nulla.

Fracasso il cellulare come se fosse il responsabile di tutto, estraggo la pistola dalla fondina, così senza motivo.

Ho perso completamente il controllo.
Devo riprenderlo immediatamente.
Dovesse costarmi la vita prenderò il mostro.

Anch'io ormai lo identifico con questo nome:
il mostro maledetto.

Carlo era all'università quando una volante dei carabinieri lo prelevò per portarlo in ufficio.
Per urgenti comunicazioni.
Gli agenti sapevano tutto, erano turbati e addolorati, avevano in quei giorni imparato a conoscere Jenny, bella, intelligente e sensibile.

Tutti si sentivano responsabili per le morti continue, responsabili di non essere riusciti a fermare quell'essere malvagio e diabolico che sembrava farsi gioco di loro.

E non in una metropoli tentacolare ma in una cittadina di poco più di quindicimila abitanti, dove quasi tutti si conoscevano tra loro.

Avevano cercato ovunque, sembrava non esistere un buco dove non avessero guardato con tutta l'attenzione possibile.

Eppure il mostro era li, nascosto da qualche parte, pronto ad uscire improvvisamente dall'ombra, dal suo personale inferno, per uccidere e scomparire.
Portando con se i resti macabri.

Tutti erano convinti di non aver fatto abbastanza, forse le ricerche dovevano essere condotte con ancora più attenzione.

Forse.
Qualcosa era inevitabilmente sfuggito.
Ma cosa?
dove cercare ancora?

Aspettiamo Carlo che non sa niente, io, Walter e la squadra non impegnata all'esterno.

Ci aspetta un compito difficilissimo, sappiamo quanto la amasse, quanto e come fossero legati da un amore palpabile e che non avevano mai cercato di nascondere, oltre, naturalmente, ad una profonda intesa professionale che li accomunava.

Carlo arriva in ufficio trafelato, non immagina lontanamente quello che lo attende.

Gli altri, presenti in quel momento in ufficio, si defilano, leggono attentamente carte che conoscono a memoria, qualcuno si rifugia in bagno.

Li capisco perfettamente.

Io e Walter, almeno noi, abbiamo il dovere di comunicargli la notizia, di abbracciarlo, di condividere il suo dolore, di restare vicino a lui per tutto il tempo necessario a smaltirne l'impatto devastante.

Carlo comprende immediatamente che qualcosa di grave è accaduto.

E' che lo riguarda personalmente.
Quando Walter lo abbraccia stringendolo a se, chiede cosa è successo a Jenny, Walter non riesce a trovare le parole adatte ma non ne ha bisogno.

Devo fare uno sforzo enorme per trattenere le lacrime, non ci riesco del tutto.

Walter, Carlo, Jenny e la povera Laura costituivano un gruppo inseparabile, al quale, pure se da poco, mi ero aggiunto anch'io.

E il mostro ha colpito due volte al cuore queste persone, allegre, gentili, disponibili.

Giuro che prenderò il mostro e che, anche se al di fuori della giustizia che dovrei difendere e rappresentare, lo ucciderò con le mie mani, voglio vederlo morire, lentamente, tra sofferenze atroci, voglio guardarlo negli occhi mentre muore, mentre consegna all'inferno la sua anima dannata.

Sono passati altri giorni, tutti uguali, nessun passo avanti nelle indagini che comunque proseguono.

Non possiamo fare altro che ripetere le stesse cose cercando di trovare un invisibile spiraglio, una cosa sfuggita.
Niente.

Carlo è profondamente cambiato, sembra invecchiato di colpo, qualche filo bianco è spuntato improvvisamente tra i suoi capelli, è presente ma è come se si trovasse da un'altra parte, in qualche luogo lontano della memoria.

Ha avuto insieme a Jenny dei giorni felici.
Spero che i ricordi possano in qualche modo alleviare la sua sofferenza.
Il mostro sembra scomparso, è assurdo ma dentro di noi speriamo che colpisca ancora, che commetta quell'errore che stiamo disperatamente aspettando.

Mi telefona direttamente il Capo di Gabinetto del Ministro, non si perde in discussioni ovvie ed inutili, mi avverte semplicemente che hanno deciso di affiancarmi un criminologo nel quale ripongono la massima fiducia, mi comunica il nome.

La conosco perfettamente:
Helen Martini.

Ha contribuito a risolvere parecchi crimini anche recentemente.

È impegnata in un altro caso ma è sollevata dall'incarico con effetti immediati, urge la sua presenza a Riva del Garda.

Non mi sento affatto scavalcato, anzi il contrario, chiunque riesca a dare un contributo nella risoluzione di questo incredibile caso è il benvenuto.

... ( continua )..


Il QUIZ

Volete scoprire il colpevole ?
Volete partecipare al quiz ?
Nulla di più facile..
Uno di questi sarà il colpevole..
Basta inviare una email a: info@topbtw.com con il nome dell'assassino ed, ovviamente il vostro nome, cognome ed indirizzo..
I primi dieci che indovineranno il nome del colpevole avranno l'avventura di stare, per una giornata intiera, con l'editore di www.topbtw.com/
Ovviamente per parlare di letteratura, future collaborazioni, e di altre amenità del genere..
A loro assoluto rischio e pericolo..
L'incontro avverà a Mazara del Vallo - Sicilia - oppure altrove..
Quando e dove ?
Sarà la sorpresa svelata con l'ultimo episodio..
Buona lettura e.. buona caccia al colpevole!


( Eugenio Ardito )

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