La necessità di aggiornare la Seconda parte della Costituzione non nasce certamente oggi.
Il primo tentativo in tal senso risale infatti a più di trent'anni fa, quando il Parlamento istituì nel 1983
la prima commissione bicamerale per le riforme, presieduta dall'On. Aldo Bozzi.
Dopo oltre 80 riunioni e due anni di lavoro, il testo non arrivò mai all'esame delle aule parlamentari per la mancanza di un accordo fra i partiti.
Nel 1992 una nuova bicamerale fu varata sotto la presidenza di Ciriaco De Mita che fu poi sostituito da Nilde Iotti.
L'interruzione della legislatura nel 1994 segno' la fine infruttuosa di questa esperienza.
Il terzo tentativo avvenne nel 1997 con la bicamerale presieduta da Massimo d'Alema ma, dopo una
prima intesa bipartisan su un testo condiviso, il centrodestra di Berlusconi e di Bossi fece naufragare anche questo tentativo.
Nel 2001 gli italiani approvarono attraverso un referendum, la modifica del Titolo V della Costituzione, votata in
Parlamento dalla maggioranza di centrosinistra, che modificava i poteri specifici di Stato e Regioni.
Veniva introdotto il principio di "legislazione concorrente".
L'applicazione successiva dimostrò i limiti di quella esperienza, che oggi, con la riforma in progetto, si vuole superare.
Fu poi la maggioranza di centrodestra a varare, senza il coinvolgimento delle opposizioni, una riforma ben più ampia.
La riforma promossa da Berlusconi interveniva sull'assetto istituzionale.
Nell'anno 2006 con il referendum, il progetto non fu approvato.
Ora, dopo dieci anni, si prospetta la possibilità di attuare la tanto agognata riforma che, già nel lontano 1983 la
prima commissione bicamerale presieduta da Aldo Bozzi aveva cercato di attuare.
Il risparmio che si dovrebbe realizzare con l'eventuale approvazione referendaria della riforma in votazione il 4 Dicembre 2016 è significativo.
Partendo dai dati forniti dalla Ragioneria Generale dello Stato, si può stimare che la riforma porterà ad un risparmio immediato
di circa 490 milioni di euro all'anno, grazie all'eliminazione delle indennità ai Senatori ( 80 milioni/anno ) e dei costi relativi
a gruppi parlamentari e commissioni del Senato ( 70 milioni ), al superamento definitivo delle Province ( 320 milioni, già in parte accantonati )
e dell'abolizione del CNEL .
Ricordiamo che il CNEL - Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro - in venti anni di "lavoro" ha partorito ben tre proposte di Legge
e che nessuna è mai diventata Legge.
Il tutto alla modica cifra di 20 milioni all'anno circa...
A questa cifra vanno aggiunti gli ulteriori risparmi dovuti al tetto imposto agli stipendi dei consiglieri
regionali ed all'abolizione dei finanziamenti ai gruppi nei Consigli regionali, nonché alla progressiva riduzione nel
tempo dei funzionari attualmente in forza al Senato.
Ma la riforma porterà anche ad effetti benefici alla crescita economica dell'Italia.
Sia la Commissione Europea che l'OCSE che il Fondo Monetario Internazionale sono tutti concordi
nel ritenere che questa riforma sia in grado di dare una maggiore stabilità politica e quindi economica.
Ricordiamo, ancora una volta, che in 70 anni di democrazia in Italia abbiamo visto nascere ben 69 Governi !
Una terrificante realtà che ci penalizza in tutto il mondo economico, politico e finanziario.
( Giorgio Comerio )