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ref:topbtw-767.html/ Domenica 12 Marzo 2017/C



Le "Fake News" all'italiana ed i delitti contro la fede pubblica

Italia

Parliamo dei delitti contro la fede pubblica.

Falsificare, alterare, modificare moneta, carte di credito, francobolli, carte filigranate, biglietti di trasporto, titoli di stato… etc. è un delitto contro la fede pubblica.

Facciamo un semplice esempio.

La stampa e lo spaccio di carta moneta falsa é un reato dai tempi del primo conio..

Se qualcuno di noi riceve un biglietto da 50 euro falso e, nell'atto dello spenderlo, il falso da 50 euro viene scoperto dalla cassiera , ecco che si trova denunciato per spaccio di moneta falsa.

Insomma andare a far la spesa con i biglietti di banca falsi è un reato.

Al riguardo ricordo che l'Art 457 Codice penale recita:
" Chiunque spende, o mette altrimenti in circolazione monete contraffatte o alterate , ( da lui ricevute in buona fede ) è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a milletrentadue euro."

Ma vendere copie di giornali, incassando soldi veri e non falsi, pubblicando notizie false e non vere non è un reato..
così come il diffondere false notizie sul web.

E di conseguenza sono atti non punibili.

Ovviamente fino a quando il Parlamento non varerà delle nuove Leggi, ormai attese da tutti..
Oppure se non ledono, in modo eclatante, esplicito, senza ombra di dubbio, l'immagine di una persona.
Le lamentele delle Boldrini sono un italico esempio.

Quelle che, sul web, ci sono sempre state e che ora vanno di gran moda con il termine inglese di "fake news" in sostanza non sono assolutamente punibili.

Quelle informazioni che si leggono spesso anche su "fake book"..

Dal mio punto di vista, l'azione perpretata è comunque una azione criminale che rientra pienamente nell'ambito dei delitti contro la fede pubblica in quanto, per l'azione delittuosa, vengono utilizzati mezzi di comunicazione pubblici e sempre disponibili, anche dopo molto tempo, al pubblico.

Non solo.
Quando la polizia scopre la tipografia dove si stampano i falsi euro sequestra le rotative e mette in galera i proprietari.

Nel caso dei giornalisti già condannati per diffusione di notizie false la polizia non sequestra le rotative e non mette in galera i proprietari della tipografia.
Faccio un recente esempio.

Marco Travaglio del "Fatto Quotidiano" è stato appena condannato in via definitiva per diffamazione, condanna confermata pure dalla corte europea.
Ma nessuno ha messo i sigilli alle rotative del "Fatto quotidiano"..
Insomma, gli editori godono di un "trattamento giuridico" di favore ?

Ma andiamo avanti, perché il bello deve ancora venire.
Quando la polizia scopre i falsari subito cerca le matrici, i cliché con i quali sono stati stampati i biglietti di banca falsi.

Ed, ovviamente lo chiede ai falsari arrestati.
La risposta del falsario ?
" Come ho avuto i cliché ?
Non ve lo diro' mai.
E' un segreto professionale, ed il vostro è una attacco alla libertà di espressione artistica…"

( Perché il falsificare, dopo tutto, é anche un'arte..)

D'altra parte cosa rispondo i giornalisti ai magistrati inquirenti ?
A quei magistrati che vogliono veramente indagare sulle notizie pubblicate e quindi che, lecitamente logicamente, desiderano conoscere le fonti dell'informazione relativa alle ipotesi di reato narrate dall'autore.
La risposta classica è la seguente:
" Non ve lo diremo mai.
E' un segreto professionale, ed il vostro è un attacco alla libertà di stampa.."

Il grave della diffusione dei delitti contro la fede pubblica è che anziché essere puniti, spesso e volentieri sono utilizzati da alcuni magistrati per avviare nuove indagini di utilità assai dubbia.

Insomma è come se il magistrato non vada ad incriminare chi voleva acquistare un televisore pagandolo con moneta falsa ma si mette ad indagare se il negoziante ha acquistato il televisore in modo lecito oppure se il negozio ha tutte le licenze di commercio in regola..

Oppure se la cassiera che ha scoperto la moneta falsa è assunta in conformità al contratto nazionale di lavoro e se, per caso, non è pure l'amante segreta del proprietario del negozio.

Come avrebbe esclamato un ex- magistrato, anch'io esclamo :
" ma che c'azzecca ?"



Ma come viene presentata la "falsa notizia" ?

La tecnica oggi più in uso è quella di inserire nella presentazione della notizia già il giudizio del giornalista.

Giudizio che serve a condizionare l'opinione del lettore.

In molti casi al giudizio si associa pure un commento esplicito, esplicativo dei dettagli, giusto perché magari il lettore potrebbe - comunque - avere dei dubbi.

In molti casi, per dare maggior credito alla teoria dell'autore, vengono citate fonti di informazioni assolutamente ignote o non verificabili , magari pure citando "verbali" dei quali si omette tutto cio' che non aiuta l'autore a dare corpo alla sua teoria colpevolista.

E se poi verbali e i documenti citati non ci sono, perché ovviamente non sono mai esistiti, ecco che "sono stati sottratti" da ignote mani.
( ma come'è possibile: le ignote mani non avevano consegnato i documenti citati agli stessi giornalisti ?.. )

La paranoia di questi squallidi personaggi è parossistica.

Il caso della telefonata inesistente del dentista di Crocetta ad un muto interlocutore , pubblicata con dovizia di dettagli dall'Espresso, rientra, a pieno titolo, in questa casistica..

Alcuni faccendieri dell'informazione sono dei veri maestri.

Già l'aggettivo "faccendiere " si appiccica a chiunque svolga un' attività che il giornalista desidera affossare, denigrare, assimilare ad un possibile illecito, al fine di rendere immediatamente antipatico il "faccendiere" stesso .

Ma questo è solo l'inizio.

Il soggetto non risponde alle domande del petulante giornalista ?
Ecco che "si sottrae alle richieste d'informazioni" , come se il non sottrarsi sia un obbligo..

Non risponde al citofono che viene fatto squillare ?
Ecco che "non vuole un contatto con la stampa.."
Come se avere i contatti con la stampa sia un obbligo..

E così via di questo passo..

Ed infine la parte peggiore, più sporca di tutta la vicenda:
l'utilizzo delle false informazioni al fine di aprire indagini, inchieste, coinvolgere innocenti al solo fine di una mera visibilità mediatica creando un vero e proprio "depistaggio giudiziario."

E' quanto scritto sul caso Ilaria Alpi nella "Relazione Finale" della Commissione Parlamentare presieduta dall' On. Taormina.

Un testo sul quale vale la pena di meditare..

Pag. 671 - 672 - 673 Dieci anni di depistaggio mediatico

Per molteplici ragioni, non si possono fissare i presupposti e i limiti di responsabilità istituzionali che sono state accertate nella gestione della vicenda, dal momento della uccisione di Ilaria Alpi e di Mirian Hrovatin alla sua trattazione giudiziaria, senza mettere in luce il ruolo svolto dall'informazione nei lunghi anni trascorsi dal 1994 ad oggi, compreso il periodo di svolgimento dell'inchiesta parlamentare.

Ragioni economiche e politiche, la cui matrice, non già come provenienza partitica ma come causale profonda di una persistenza sulla posizione, non é stato possibile accertare, hanno fatto si che intorno a determinati settori dell'informazione si costituisse una vera e propria centrale dedita al depistaggio rispetto all'accertamento di una verità che sembrava fin troppo semplice.

Con cio' non si vogliono coinvolgere nell'operazione sicuramente criminosa, le testate di periodici e di giornali di appartenenza dei singoli operatori dell'informazione, giacché è risultata assolutamente evidente l'abilità dimostrata da questa grande ed imperterrita strategia è stata di altissimo livello, sfruttando la vanità di magistrati desiderosi solo di acquisire a basso costo una alta visibilità;

piegando con tutti i mezzi - alcuni accertati, altri no - gli affabulatori di cui si è detto a dire esattamente quello che serviva e che poteva essere fatto conoscere preventivamente nonostante il rigore di mura carcerarie o di protezione annacquate sul piano della vigilanza da parte delle forze dell'ordine; inducendo singoli investigatori, in grado pero' di essere determinanti nella gestione degli uffici pubblici di appartenenza, a dire o scrivere quello che serviva per avvallare il grande teorema;

sfruttando singole complicità con servizi di sicurezza;
pubblicando migliaia di articoli, di servizi, libri capziosamente costruiti, proiezioni cinematografiche;
abusando oltre misura e limite della televisione pubblica e privata con continui servizi e tesi precostituite.


( Giorgio Comerio )

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