E l'abbiamo lasciata diffondere noi, fino alla sua maturazione cancerogena, nella sapida incoscienza della nostra cecità,
rifiutandoci di vedere lo spettro che si aggirava industurbato in mezzo a noi, ignorando e denigrando i segnali di allarme
che pure erano evidenti nella crescita della minaccia, per un problema troppo a lungo ignorato, ipocritamente negato, e colpevolmente nascosto.
E se non volete chiamarla "guerra", scegliete pure il termine che vi è più congeniale... tanto la sostanza non cambia.
I morti sono reali.
"È evidente, dopo le notizie della notte da Combrils, che quello in Catalogna è stato un attacco militarmente pianificato,
che doveva colpire in almeno tre diversi punti.
La rivendicazione dell'Isis è arrivata molto presto, ad azione ancora aperta.
Ma quel che conta di più è che quella della cintura di Barcellona è considerata la zona calda del jihadismo
nella penisola iberica, con le forti presenze di salafiti, quasi tutti nati in Spagna, figli di immigrati o convertiti.
Anche questa volta ci troviamo di fronte a bestie che hanno voluto colpire nel mucchio, tra gente inerme, uccidendo anche bambini,
nel luogo della festa e dell'incontro, nei giorni della vacanza.
Odiano i nostri modelli di vita, e sono pronti a morire per ucciderci.
Sono il nostro opposto, nemici dell'umanità.
Sarà una guerra lunga:
non l'abbiamo dichiarata noi ma la dobbiamo combattere senza incertezze."
Enrico Mentana (18/08/17)
Tempo addietro sull'onda di un legittimo sdegno in concomitanza con l'abominevole massacro parigino del Bataclan, avevamo
provocatoriamente stracciato il velo ipocrita, troppo a lungo disteso con cieca indulgenza sopra i frutti malati di
una "integrazione" fallita.
E lo avevamo fatto, da 'sinistra', facendo nostro il pensiero di Karl Popper e Michel Onfray.
Siamo stati irrisi e coperti di insulti dalle vestali a presidio permanente dei sepolcri
imbiancati del politicamente corretto.
Avevamo osato dire come non si trattasse affatto di casi isolati o di "lupi solitari", come invece continuava
ad insistere certa rassicurante retorica assolutoria.
Come dietro ci fosse in realtà una rete logistica transnazionale, profondamente radicata sul territorio europeo con
complicità e ramificazioni diffuse;
così come il pericolo fosse incombente e radicato, con un preciso disegno totalitario e sterminazionista ad ispirarne
la mano, nell'esistenza di una zona grigia e assai porosa alle infiltrazioni della propaganda salafita,
lungo una linea d'ombra all'interno della quale poter contare su legami clanici e solidarietà inconfessabili,
salvo venire aggrediti dal circo delle animelle belle alla fiera delle ipocrisie.
Poi ci sono state le stragi di Nizza, Berlino, Stoccolma, gli attentati di Londra, ed ora Barcellona e Turku.
Stessa matrice religiosa, stesse modalità di esecuzione, per la medesima ed univoca ideologia di morte.
Ben triste ed inutilissima 'consolazione' sapere che come Cassandra avevamo ragione.
Ma ciò che in questo frangente colpisce di più, è il silenzio assordante della comitiva dei bimbi buoni, solitamente così
loquaci nella referenzialità settaria dei loro circoletti chiusi, ai quali sembra essersi seccata la lingua e
rattrappite le dita sulla tastiera (e all'occorrenza i gessetti nella tasca).
Quelli dall'indignazione facile;
sempre pronti a solidarizzare con le cause più disparate e remote (dall'ultimo degli inuit, ai diritti di pascolo del pastore siberiano),
flagellandosi per le colpe dell'Occidente (come se al di fuori del vecchio continente ci fosse stato l'Eden), irretiti dal mito iperrazzista
del bon savage di Roussau.
E muti ogni volta che l'orrore gli esplode dentro casa, sbattendo tutta la sua brutalità sul loro musetto
smarrito, dinanzi all'evidenza di una realtà che cozza coi loro universi fantastici,
nella negazione sperticata di una minaccia che c'è, esiste, e dovrà essere affrontata senza reticenze.
Piaccia o non piaccia farlo.