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Parte la corsa
Ora è il momento: dai progetti ai cantieri..
Il 2023 è l'anno della svolta per gli investimenti del PNRR, soprattutto nei piccoli comuni italiani, che sta sfruttando il traino
dei fondi europei per migliorare tre settori: la mobilità, la cultura, le periferie.
Ma se i cantieri non saranno realmente aperti nel giro di 12 mesi, il rischio è di perdere i finanziamenti.
Finora si è parlato di progettazione. Da ora in poi si dovrà iniziare a "costruire", per portare a termine opere e
infrastrutture entro il 2026.
Migliaia di Comuni Italiani devonpo pianificare investimenti per milioni di euro.
I Comuni e le città metropolitane in tutta Italia beneficeranno di 40 miliardi.
A voler essere precisi, diversi milioni arrivano dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;
altri milioni dai fondi del React Ue, che dovranno essere investiti nel giro di un solo anno;
altri milioni sono parte dei fondi strutturali relativi al periodo 2023-2029, per i quali c'è un po' più di tempo,
3 anni in più rispetto al PNRR.
Nel complesso la tabella di marcia è molto serrata.
Mobilità sostenibile
Prima di tutto c'è la mobilità sostenibile.
Qualche esempio:
diversi milioni verranno investiti entro il 2026 per 350 nuovi autobus a emissioni zero, con alimentazione elettrica oppure ad
idrogeno;
altri milioni serviranno per l'acquisto di bus elettrici;
per le infrastrutture di ricarica.
L'insieme di questi fondi consentiranno a molti comuni di avviare il piano "full electric".
Cultura
Al secondo posto ci sarà la valorizzazione della cultura.
Tutti i Comuni italiani hanno diverse realtà, incluse
le aree archeologiche abbandonate, che ne potrebbero fruire.
Rigenerazione urbana
Al terzo posto vanno evidenziati gli investimenti per la rigenerazione urbana, che prevede da una parte la riqualificazione
delle periferie in senso urbanistico.
Ad esempio i quartieri degradati , le aree dismesse, i villaggi abbandonati.
I problemi irrisolti
La gestione del PNRR porta con sé, inevitabilmente, dei problemi, o meglio, fa emergere quei problemi irrisolti in Italia,
come evidenziano sia i vertici europei che quelli comunali.
Secondo Francesco Monaco, capo Dipartimento di supporto alle politiche europee di Ifel e secondo Dario Moneta, direttore
di gestione e monitoraggio dei Piani, ci scontriamo in questi anni con un'eccessiva burocrazia e talvolta con la debole
formazione della Pubblica amministrazione, che non è stata nel frattempo rinnovata.
Inoltre, sottolinea Moneta, gli stipendi bassi e la competitività del settore privato, fanno sì che i professionisti più preparati
non si dedichino più ai progetti pubblici, ma scelgano altri impieghi più remunerativi.
Mentre invece, proprio in questi anni, occorrerebbe avere nuove risorse umane molto preparate.
A tutto questo si aggiunge il problema dei bilanci di parte corrente dei Comuni.
Perché se il PNRR serve a realizzare le infrastrutture, poi sono i Comuni che dovranno gestirle pagando il personale.
Alla luce dei tempi stretti e delle varie difficoltà, Nicola de Michelis, direttore della Commissione europea
e responsabile dei fondi per l'Europa del Sud, mette in evidenza che modificare il PNRR è teoricamente possibile,
ma solo in minima parte, per via dei costi energetici.
Ma noi ci speriamo, visto che i costi energetici sono - finalmente - in fase calante.
( G.C. )
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