ref:topbtw-3666.html/ 22 Aprile 2023
La grande occasione per.. un secondo lavoro !
Tra il 2023 e il 2027 il mercato del lavoro italiano richiederà 3,8 milioni di addetti:
di cui 2,7 milioni (pari al 71,7 per cento del totale) in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione e più di
un milione di nuovi ingressi (il 28,3 per cento del totale) legati alla crescita economica prevista in questo quinquennio.
A legislazione vigente, pertanto, nei prossimi 5 anni quasi il 12 per cento degli italiani lascerà definitivamente il
posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età.
La stima è dell’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato i dati del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal.
Posizioni e settori interessati da chi andrà in pensione
Dei 2,7 milioni di addetti totali che nei prossimi anni scivoleranno verso la quiescenza, la metà, poco meno di 1,4 milioni,
interesserà i dipendenti privati e oltre 670 mila ciascuno il pubblico impiego e il mondo del lavoro autonomo.
Tuttavia, se calcoliamo l’incidenza della domanda sostitutiva sul totale del fabbisogno occupazionale in ciascuna
delle tre posizioni professionali analizzate (dipendenti privati, dipendenti pubblici e indipendenti), il valore più elevato, pari al 91,6
per cento del totale, riguarderà il pubblico impiego (vedi Tab. 2).
Se, invece, analizziamo le filiere produttive/economiche più interessate dall’esodo degli occupati verso la pensione,
in termini assoluti scorgiamo la salute (331.500 addetti), attività immobiliari, noleggio/leasing, vigilanza/investigazione,
gli altri servizi pubblici e privati (pulizia, giardinaggio e pubblica amministrazione che non include la sanità,
l’assistenza sociale e l’istruzione) (419.800) e, in particolar modo, il commercio e il turismo (484.500).
Se, anche in questo caso, misuriamo l’incidenza della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale, i settori che entro
i prossimi 5 anni si troveranno maggiormente in “difficoltà” saranno la moda (91,9 per cento), l’agroalimentare (93,4 per cento) e,
in particolar modo, il legno-arredo (93,5 per cento) (vedi Tab. 3).
Insomma, i principali settori del nostro made in Italy rischiano di non poter più contare su una quota importante
di maestranze di qualità e di elevata esperienza…
( Uff. Studi CGIa Mestre )
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