ref:topbtw-4104.html/ 16 Novembre 2024
Nell’ultimo anno situazione in peggioramento soprattutto a Benevento, Chieti, Savona, Rieti e Lecce
Sono quasi 118mila le imprese italiane che si trovano a rischio usura. Dopo anni in cui erano in calo, rispetto a un anno fa
il numero complessivo di queste realtà è cresciuto di oltre 2.600 unità (vedi Graf. 1).
Si tratta prevalentemente di artigiani, esercenti, commercianti o piccoli imprenditori che sono “scivolati” nell’area dell’insolvenza e,
conseguentemente, sono stati segnalati dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia.
Di fatto, questa “schedatura” preclude a queste attività di accedere a un nuovo prestito.
A denunciarlo è l’Ufficio studi CGIA.
Un’impresa a rischio su 3 è al Sud. Nell’ultimo anno la situazione è fortemente peggiorata a Benevento, Chieti, Savona, Rieti e Lecce
A livello provinciale, il numero più elevato di imprese segnalate come insolventi si concentra nelle grandi aree metropolitane.
Al 30 giugno scorso, Roma era al primo posto con 10.827 aziende:
subito dopo troviamo Milano con 6.834, Napoli con 6.003, Torino con 4.605 e Firenze con 2.433.
Rispetto a 12 mesi prima, in termini percentuali, il peggioramento ha interessato innanzitutto Benevento con il +17,3% di imprese affidate
con sofferenze (in valore assoluto +97).
Seguono Chieti con il +13,9% (+101), Savona con il +12,4% (+62), Rieti con il +11,8% (+25) e Lecce con il +11,4% (+179) (vedi Tab. 1).
Se analizziamo i dati per ripartizione territoriale, ci accorgiamo che l’area più a “rischio” è il Sud:
qui si contano 39.538 aziende in sofferenza (pari al 33,6% del totale), seguono il Nordovest con 29.471 imprese (25% del totale),
il Centro con 29.027 (24,7% del totale) e infine il Nordest con 19.677 (16,7% del totale) (vedi Tab. 2).
L’usura si “pratica” al Sud, ma i soldi vengono poi reimpiegati al Nord
Se il Mezzogiorno è l’area geografica d’Italia più a rischio usura, i proventi di queste attività illegali vengono sempre
più reinvestiti al Nord.
Negli ultimi tempi, infatti, le indagini effettuate dalla Direzione Investigativa Antimafia dimostrano come il denaro
contante proveniente dalle attività criminali primarie, come l’usura, venga reimpiegato con sempre maggiore frequenza in determinate aree
dell’Italia, soprattutto settentrionale (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, ecc.).
Molti imprenditori insolventi anche perché non pagati
Chi finisce nella black list della Centrale dei Rischi difficilmente può beneficiare di alcun aiuto economico dal sistema bancario,
rischiando, molto più degli altri, di chiudere o, peggio ancora, di scivolare tra le braccia degli usurai.
Per evitare che questa criticità si diffonda, la CGIA continua a chiedere con forza il potenziamento delle risorse a disposizione
del “Fondo di prevenzione dell’usura”.
Strumento, quest’ultimo, in grado di costituire l’unico valido aiuto a chi si trova in questa situazione di vulnerabilità.
È bene ricordare che gli imprenditori che vengono segnalati alla Centrale Rischi della Banca d’Italia non sempre lo devono a una cattiva
gestione finanziaria della propria azienda.
Nella maggioranza dei casi, infatti, questa situazione si verifica a seguito dell’impossibilità da parte di molti piccoli
imprenditori di riscuotere con regolarità i pagamenti dei propri committenti o per essere “caduti” in un fallimento
che ha coinvolto proprio questi ultimi…
(Redazione CGiA - Mestre)
Link
https://www.cgiamestre.com/torna-lo-spettro-dell-usura-in-aumento-le-pmi-segnalate-alla-centrale-dei-rischi-della-banca-ditalia/
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