ref:topbtw-4200.html/ 7 Aprile 2025
Tra tutti i nuclei che hanno come capofamiglia un lavoratore autonomo, il rischio povertà o esclusione sociale è al 22,7 per cento,
mentre la quota riferita a tutte le famiglie con alla guida un lavoratore dipendente è decisamente inferiore e pari al 14,8 per cento.
In altre parole, se negli ultimi decenni abbiamo assistito a una progressiva riduzione del potere d’acquisto dei salari che ha spinto verso
l’area dell’indigenza molti operai/impiegati con bassi livelli di inquadramento contrattuale, ai lavoratori autonomi le cose sono andate molto peggio.
I fatturati hanno subito delle forti contrazioni e, conseguentemente, la qualità della vita delle partite Iva ha subito un deciso aggravamento.
La denuncia è sollevata dall’Ufficio studi CGIA che ha elaborato i dati dell’Istat.
Qualcuno potrebbe obbiettare che i dati riferiti alla povertà dei lavoratori autonomi sarebbero condizionati da importi reddituali
dichiarati non corrispondenti al vero.
In realtà, il rischio povertà o esclusione sociale è un indicatore molto complesso che è dato dalla somma delle persone che si trovano
in almeno una delle seguenti condizioni:
vivono in famiglie a rischio povertà;
vivono in famiglie in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale;
vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro.
Ovviamente, tra le categorie monitorate dall’Istat la più disagiata economicamente e socialmente è quella dei pensionati,
dove il rischio povertà delle famiglie è addirittura al 33,1 per cento (vedi Tab. 1).
Oltre 5 milioni di partite Iva, metà sono forfettari
In Italia il numero dei lavoratori indipendenti è stimato in 5.170.000 unità.
Di questi, poco meno della metà opera in regime dei minimi. Stiamo parlando di attività economiche senza dipendenti e senza
alcuna organizzazione d’impresa con un fatturato annuo al di sotto degli 85 mila euro.
Insomma, una pura e semplice partita Iva che fa dell’autoimprenditorialità la sua ragione lavorativa.
E’ il caso di tanti giovani, di altrettante donne e di molte persone in età avanzata soprattutto del Mezzogiorno che sbarcano
il lunario con piccoli lavori/consulenze senza disporre di alcun ammortizzatore sociale e/o sostegno pubblico.
Soggetti che faticano a incassare le proprie spettanze e che, nella stragrande maggioranza dei casi, si trovano in condizioni economiche
molto fragili e, quindi, a forte rischio di povertà o esclusione sociale.
Rispetto al 2003, reddito autonomi – 30%
Negli ultimi 20 anni il reddito degli autonomi è sceso del 30 per cento, mentre quello dei lavoratori dipendenti è diminuito di “solo” l’8 per cento.
Per i pensionati, invece, il dato è rimasto pressoché stabile (vedi Graf.1).
La debolezza economica di molte partite Iva, il crollo dei consumi interni – causato dalle crisi economiche che si sono succedute
in questi due decenni – e alla concorrenza praticata dapprima dalla grande distribuzion
(Redazione CGiA - Mestre)
Link:
https://www.cgiamestre.com/rischio-poverta-molto-piu-alto-tra-gli-autonomi-che-tra-i-dipendenti/
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